CITTA’ D’ARTE
URBINO
La città di Urbino, patrimonio mondiale dell'UNESCO, è universalmente riconosciuta come una delle capitali del Rinascimento italiano. Capitale storica dell'omonimo ducato, è certo la meta primaria di ogni visitatore che si accinga a percorrere le strade della provincia pesarese. La città ha origini antichissime. Nulla di preciso si conosce circa i primi insediamenti, anteriori alle invasioni celtiche e all'insediamento dei Galli Senoni ( IV sec. a. C. ), ma recenti ritrovamenti di materiale archeologico, soprattutto frammenti di ceramica risalenti all’età del ferro, confermano la presenza di un insediamento probabilmente del IV sec. a.C. Circa un secolo più tardi, i Romani sottomisero i Galli Senoni e rapidamente conquistarono tutto il territorio marchigiano. Da allora iniziò la storia di Urbinum Metaurense. Entrò a far parte del ducato della famiglia di Montefeltro nel 1155 e conobbe il periodo di massimo splendore nel campo del mecenatismo e delle arti con Federico II da Montefeltro (1422-82). La città, situata in posizione panoramica, appoggiata su due colline, custodisce tra sontuosi palazzi e vie ripidissime, interessanti tesori artistici e storici che la rendono famoso in tutto il mondo.
PALAZZO DUCALE
Splendida corte rinascimentale, ma anche residenza fortificata rispetto al sottostante piano del Mercatale, è raggiungibile attraverso la grande rampa elicoidale ideata da Francesco di Giorgio Martini. Il grandioso palazzo fu voluto da Federico da Montefeltro che ne affidò inizialmente i lavori (intorno alla metà del secolo XV) al fiorentino Maso di Bartolomeo che inglobò nella nuova costruzione l’antico palazzo detto della Jole, ma è soprattutto opera del celebre architetto dalmata Luciano Laurana che diede il disegno dello splendido cortile d’onore e dello scalone e che innalzò i corpi di raccordo con il vecchio Castellare, provvedendo anche alla stupenda facciata dei Torricini. Quando il Laurana lasciò Urbino nel 1472, lo sostituì Francesco di Giorgio Martini che portò l’opera quasi a compimento, provvedendo anche alla definizione della parte decorativa della facciata ad ali che guarda verso l’interno della città, giovandosi per l’esecuzione delle cornici di portali e finestre dello scalpellino-scultore milanese Ambrogio Barocci, lo stesso a cui si debbono le principali ornamentazioni delle grandi sale e saloni interni. La facciata occidentale con le due torri - i Torricini per gli urbinati- ed i balconi sovrapposti danno un tocco inconfondibile alla costruzione. L'ingresso è invece posizionato sulla facciata est che si apre sulla Piazza intitolata al Duca Federico, dove si incontra il Cortile d'Onore, con un porticato che si sviluppa lungo tutto il perimetro quadrangolare (6 archi il lato lungo, 5 archi quello corto). L'abbinamento dei mattoni con la pietra si offre a combinazioni cromatiche dal gusto raffinato. Le scritte incise nel doppio cornicione sono un chiaro atto celebrativo al Duca Federico da Montefeltro. Dal piano terra è possibile immettersi nei sotterranei dove si trovano le cucine, la neviera per la conservazione delle vivande e i forni; insomma tutti quei servizi che erano necessari alla vita della corte. Questi ambienti sono stati aperti al pubblico abbastanza di recente e danno ulteriori informazioni sugli aspetti meno ufficiali, più utilitari, della quotidianità rinascimentale. Prima di salire i gradini dello scalone che porta al piano nobile, a livello del Cortile d'onore si trova la sala che contenne la Biblioteca del Duca, che Baldassarre Castiglione descrisse come la "suprema eccellenza del magno palazzo" in cui è rimasta solo l'atmosfera, la decorazione del soffitto con l'aquila nera in pietra. I rarissimi libri greci, latini ed ebraici che rivestivano la stanza sono infatti stati integrati nella Biblioteca Vaticana dopo il passaggio allo Stato Pontificio nel Seicento. Negli ambienti adiacenti alla Biblioteca sono conservate alcune opere di Ambrogio Barocci. Si tratta di alcuni rilievi che rappresentano navi, macchine, strumenti. Un tempo questi lavori ornavano le spalliere dei sedili che scorrono lungo le due facciate ad ali nella zona dell'ingresso al palazzo. Sempre al piano terreno, tra il cortile d'onore e Piazza Rinascimento troviamo il Museo Archeologico: cinque sale raccolgono una serie di antiche iscrizioni, riproponendo ciò che un tempo rappresentava il "lapidario" creato nel Settecento dal Cardinale Giovan Francesco Stoppani. Percorse le scale che conducono al primo piano vi è un itinerario quasi naturale per prendere contatto con le bellezze della residenza ducale. Le prime sale che si incontrano sono il cuore più antico della struttura. La Sala delle Udienze raggruppa due splendidi capolavori di Piero della Francesca (1415/20 - 1492): la "Madonna di Senigallia", nome che indica la città dove il quadro fu presente fino al 1917,e la "Flagellazione". Quest'ultima era originariamente collocata nella cattedrale di Urbino, e rappresenta in assoluto uno dei lavori più importanti e più enigmatici dell'artista di Sansepolcro. Dietro al balcone principale posto tra i Torricini troviamo lo Studiolo del Duca. Una stanza-scrigno con raffigurazioni in legno intarsiato, dalla simbologia talmente ricca da obbligare il visitatore a percorrere con lo sguardo centimetro per centimetro le pareti, per non perderne i segreti. Lo studiolo doveva essere il luogo di raccoglimento e di riposo del Federico "guerriero". Quanto illustrato sulle pareti può essere interpretato come la "summa" simbolica dell'ideale di vita del duca, con l'astronomia, la musica, le arti, i libri, e l'architettura che ne rappresentano gli interessi. Le tarsie vennero realizzate nella bottega del Fiorentino Baccio Pontelli probabilmente su disegno di Francesco di Giorgio Martini. Nella porzione superiore dello studiolo erano collocati 28 ritratti di "uomini illustri" disposti su due ordini, opera di Piero Berruguete e Giusto di Gand. Oggi una parte degli originali, sottratti nel 1632, si trovano al Museo del Louvre a Parigi. Il soffitto è invece dovuto all'abilità di Giuliano da Maiano e della sua bottega fiorentina. Utilizzando la scala a chiocciola del Torricino di destra si può scendere al piano inferiore e visitare due ambienti ristretti e nuovamente simbolici: la "Cappellina del Perdono" ed il "Tempietto delle Muse". Un abbinamento che pare esaltare in pari modo la divinità Cristiana e le figure mitologiche classiche. La prima ha come ornamento la volta arricchita di cherubini, il secondo comprendeva invece Apollo e le Muse. Otto tavolette realizzate da Giovanni Santi, padre di Raffaello, e Timoteo Viti. Le opere sono oggi nella Galleria Corsini di Firenze. L'ultima stanza dell'Appartamento del Duca è la "Sala degli Angeli" , così chiamata facendo riferimento ai fregi di Domenico Rosselli (1439 - 1498) che ornano il camino presente al centro della sala. Le lunette e le porte intarsiate arricchiscono questo ambiente che custodisce due dipinti estremamente celebri in tutto il mondo come la "Città Ideale" e la "Profanazione dell'Ostia". Di quest'ultima opera vi è ampia documentazione. Venne realizzata da Paolo Uccello tra il 1465 e il 1468 per l'Oratorio della Confraternita del Corpus Domini di Urbino in cui l'autore narra in sei episodi il presunto miracolo avvenuto a Parigi nel 1290. Ogni certezza svanisce invece davanti alla "Città Ideale". Il dipinto proviene dal Monastero di Santa Chiara di Urbino, ma non se ne conosce la sua funzione originale né tantomeno l'autore. La critica ha spaziato nelle attribuzioni andando da Piero della Francesca a Frà Carnevale, coinvolgendo poi gli architetti Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini e Luciano Bramante. A tutt'oggi non vi sono paternità sicure per questa scena di grande silenzio e solennità. I tanti misteri che circondano la città dal geniale impatto prospettico hanno reso il quadro ancora più affascinante, consacrandolo ad emblema del Rinascimento italiano. La Sala delle Veglie, che reca l'impronta progettuale di Francesco di Giorgio Martini, immette negli ambienti che costituiscono l'Appartamento della Duchessa. Qui troviamo ancora mirabili opere d'arte, fra cui ricordiamo il "Ritratto di gentildonna", quadro di Raffaello conosciuto anche come "La Muta", a cui si affianca la "Santa Caterina d'Alessandria", opera giovanile del pittore urbinate. La Camera della Duchessa, il Guardaroba e la Stanza della Preghiera chiudono l'appartamento.
GALLERIA NAZIONALE DELLE MARCHE
Dopo la morte del duca Federico da Montefeltro (1482) la grandiosa costruzione del Palazzo Ducale venne interrotta e solo nella prima metà del secolo XVI l’architetto Girolamo Genga vi aggiunse il secondo piano, sopprimendo la merlatura e non senza alterare purtroppo la fisionomia originaria dell’intero edificio, sede oggi della Galleria Nazionale delle Marche, istituita nel 1912. L'ultimo allestimento del 1982, è stato curato in modo da creare un'armonia tra le opere esposte e le sale che le contengono. Sono da ricordare alcuni capolavori assoluti della storia dell'arte qui conservati : due fra le più enigmatiche opere di Piero della Francesca, la Flagellazione di Cristo e la Madonna di Senigallia; la Comunione degli Apostoli di Giusto di Gand; il Miracolo dell' Ostia Profanata di Paolo Uccello ; la sublime Muta di Raffaello. Al secondo piano, una sala è dedicata a Federico Barocci (nato e morto ad Urbino, 1535-1612), uno dei massimi pittori delle Marche. La Galleria ospita anche una ricca collezione di ceramiche e maioliche di varia provenienza.
CASA NATALE DI RAFFAELLO
Sulla ripidissima salita che da piazza della Repubblica conduce a piazzale Roma, si trova la casa natale di Raffaello, costruita nel XIV secolo. Il padre di Raffaello, Giovanni Santi (1435 - 1494) la acquistò nel 1460. Da allora la casa fu acquistata nel 1635 da Muzio Oddi, architetto urbinate, per poi divenire proprietà nel 1873 dell'Accademia Raffaello, fondata nel 1869 da Pompeo Gherardi, che da allora promosse ogni sorta di studi ed iniziative dedicate al pittore. Al primo piano troviamo un'ampia sala con soffitto a cassettoni dove è conservata l’opera di Giovanni Santi l' "Annunciazione", assieme a delle riproduzioni de la "Madonna della Seggiola" e la "Visione di Ezechiele". Di particolare bellezza è la "Madonna col Bambino", situata nella stanza in cui si ritiene sia nato il pittore, attribuito dalla critica ora a Giovanni Santi, ora al giovane Raffaello. Vi si può trovare inoltre un disegno attribuito a Bramante (1444 - 1514) ed una raccolta di ceramiche di epoca rinascimentali. Al piano superiore ha sede dal 1873 l’Accademia Raffaello. Sin dall’anno della sua costituzione l’Accademia possiede, per generose donazioni dei suoi Soci fondatori una ricca Biblioteca di testi specialistici sull’opera artistica di Raffaello e dei suoi contemporanei e su studi artistici intorno al Rinascimento. Grazie all’Accademia, la casa si è arricchita nel tempo di numerose opere d’arte, frutto della generosa collaborazione di privati cittadini e di pubbliche Istituzioni: al suo interno sono ora esposti dipinti, sculture, ceramiche, arredi lignei, ecc . Alcuni di questi oggetti sono strettamente connessi a Raffaello (copie di suoi dipinti, bozzetti per il suo monumento, omaggi di altri artisti al Pittore, ecc.); altri sono a documentazione della ricca storia urbinate in campo artistico, civile e religioso (numerosi sono i ritratti di urbinati illustri); altri, infine, costituiscono diretta testimonianza del mito che in varie epoche ha accompagnato la figura di Raffaello.
TEATRO RAFFAELLO SANZIO
Fino al 1848 il vecchio teatro deo Pascolini fu all’interno del palazzo Ducale. Ma l’inaugurazione dell’attuale teatro risale al 1846, su progetto dell’architetto Vincenzo Ghinelli, incaricato nel 1838.
Il Ghinelli inserisce la costruzione del teatro in un articolato piano urbanistico comprendente il Portico di Corso Garibaldi, l'esedra "amplificazione semicircolare di maggior comodo per la voltata delle carrozze" e la sistemazione a giardino pubblico della ripida scarpata del Pincio.
La facciata neoclassica, realizzata in mattoni "scelti, sagomati, rotati, dipinti con vernici ad olio", secondo le precise indicazioni del Ghinelli, è divisa in due ordini da un'alta fascia. La parte inferiore è decorata da sei semicolonne doriche, la parte superiore da finestroni a lunetta e da due sfingi in pietra. L'atrio manifesta l'idea di De Carlo del teatro come "spazio urbano". Dilatato in altezza con una sequenza di balconate di diversa forma, è dotato di poche calibrate aperture, un oblò, un lucernario nel soffitto, le finestre semicircolari neoclassiche, che stabiliscono sottili relazioni con il portico e i Torricini. La scelta materiale del foyer e dei ballatoi di servizio accentua l'idea di un rinnovamento. Ai lati della porta d'accesso alla sala sono collocati i busti marmorei di Raffaello, opera del 1853 di Carlo Finelli portata a compimento nel 1897 da Luigi Belli, e Bramante, opera del 1850 di Giambattista Pericoli. Le decorazioni del soffitto della sala, eseguite dal 1848 al 1850 da Raffaele Antonioli di Gubbio come quelle dell'arco scenico, raffigurano le Muse intervallate da ritratti di uomini illustri. I due sipari storici, dipinti da Francesco Serafini nel 1850-'51, rappresentano rispettivamente uno scorcio del Duomo e del Palazzo Ducale e La gloria di Urbino, ideale convegno di personaggi illustri della Città.
Il DUOMO
Il Duomo, eretto dal vescovo Beato Mainardo già nel 1063, fu ricostruito nel XV secolo ed alla fine del XVIII assunse il suo definitivo stile neoclassico, con la facciata disegnata da Morigia, in netto contrasto con i colori dei mattoni degli altri edifici, ed il campanile edificato proprio in quel periodo. All’esterno della facciata troviamo sette statue di santi tra cui S. Crescentino, patrono della città. La cupola è decorata con l’immagine dei quattro evangelisti eseguiti da diversi pittori; nell' altare maggiore si trova il grande dipinto di C. Unterberger dove è¨ rappresentata la "Madonna Assunta" a cui è dedicata la basilica. Nei secoli precedenti il Duomo ebbe altre forme ed altri uomini si impegnarono nella progettazione e realizzazione. Quando era ancora in vita il duca Federico, fu lo stesso Francesco di Giorgio Martini ad incaricarsi di disegnare la struttura di culto. I lavori di realizzazione di ciò che aveva ideato l'architetto senese si protrassero fino al 1604, quando venne eretta la cupola progettata da Muzio Oddi. Nel 1781 una forte scossa di terremoto danneggiò la Cupola e la facciata, peraltro non ancora del tutto completa. Gli interventi di restauro procedettero a rilento e all'inizio del 1789 la Cupola cedette, sprofondando fino ai sotterranei. L'interno rivela lo spirito classicheggiante dell'architetto Giuseppe Valadier, di cui si occupò dal 1789 e il 1801 : grande e solenne, ampio, elegante e nobile. E' diviso in tre navate; in quella centrale si trova l'altare, (in passato danneggiato dalla caduta della cupola), e i bronzi, opera di Camillo Rusconi. Diversi dipinti arredano la chiesa e tra i più famosi troviamo "La traslazione della Santa Casa di Loreto" di Claudio Ridolfi, il "Martirio di S.Sebastiano" di Federico Barocci e l'"Annunciazione", di Raffaello Motta.
IL MUSEO DIOCESANO ALBANI
Il Museo del Duomo si apre ufficialmente nel 1964 e viene denominato Albani in segno di riconoscenza verso la nobile famiglia urbinate che, oltre ad aver dato i natali a Giovan Francesco Albani (1649-1721), Papa Clemente XI al soglio pontificio dal 1700 al 1721, si era dimostrata particolarmente munifica verso la Cattedrale, contribuendo in maniera determinante ad accrescerne la collezione. Documenti settecenteschi attestano come il “tesoro della cattedrale” fosse mostrato agli eruditi avventori, contenuto negli armadi delle sacrestie. Il nuovo assetto museale nasce nel 1964 dalla volontà del Vescovo Mons. Anacleto Cazzaniga e del Capitolo Metropolitano di ampliare le sale destinate all’esposizione, adibendo a questo scopo alcuni ambienti del Palazzo Episcopale. Vi è presente l’arredo ecclesiastico più vario, dal XIII secolo ai giorni nostri: codici miniati tre-quattrocenteschi, calici e reliquiari in filigrana e smalti, maiolica e porcellana, ambra, oro e argento, cristalli, pastorali in avorio, paramenti liturgici intessuti con metalli preziosi. Straordinari il monumentale leggio in ottone della biblioteca del Duca di Urbino Federico da Montefeltro e il candelabro in bronzo fuso da Francesco di Giorgio Martini. Numerosi gli affreschi staccati che raccontano la diffusione del Gotico Internazionale nella terra prediletta dai fratelli Jacopo e Lorenzo Salimbeni. Le tavole e le tele dipinte fra XIV e XIX secolo costituiscono una testimonianza di grandi Scuole come quella di Giovanni Santi, del Manierismo e di grandi personalità artistiche come Federico Barocci (San Girolamo penitente; Estasi della Beata Michelina) e Federico Zuccari (Cristo alla colonna) che nei secoli hanno caratterizzato la storia del territorio conquistando da protagonisti il palcoscenico nazionale e internazionale.
IL MONTEFELTRO
LA ROCCA DI SASSOCORVARO
All’ingresso dell’area del Montefeltro che si estende sulle colline tra l’Adriatico e l’Appennino centrale, attraversata dalle valli dei fiumi Marecchia, Foglia e Conca e dominata dal massiccio del monte Carpegna, si trova il piccolo borgo di Sassocorvaro. L'antico abitato di Sassocorvaro conserva intatta la sua struttura medievale con la cinta muraria, munita di antiche porte e torrioni, che racchiude al suo interno stradine e vicoletti, che scendono e rimontano, affacciandosi su squarci di un paesaggio splendido, come il lago di Mercatale che giace ai piedi del colle. Cuore del centro storico è la Rocca Ubaldinesca, opera di straordinaria importanza che fu fatta costruire attorno ad una preesistente torre quadrangolare per ordine del Duca Federico II da Montefeltro. Venne commissionata nel 1475 all'illustre architetto senese Francesco di Giorgio Martini dal Conte Ottaviano degli Ubaldini al quale poco prima il Duca Federico aveva concesso Sassocorvaro in Signoria. Appartiene al cosiddetto periodo di transizione, in cui si passa dalle fortificazioni medioevali a quelle tipiche del Rinascimento. Con la sua forma, massiccia e tondeggiante, con quattro torrioni e puntone carenato, può essere considerata un prototipo sperimentale, il primo tentativo fatto perché un’opera difensiva potesse opporsi con efficacia agli effetti distruttivi della nuova arma, la bombarda. Oltre agli accorgimenti difensivi quali le caditorie per la difesa piombante, la scarpatura e spessore delle mura, le feritoie per le armi da fuoco, la struttura doveva essere soprattutto rotondeggiante per sfuggire meglio ai colpi. All'interno, fra torri di guardia e camminamenti, è ospitato il Museo della Civiltà contadina, il Teatrino di corte in quella che era la dimora del conte, che oggi ospita la Pinacoteca Comunale, di stile settecentesco riccamente decorato, inusuale all'interno di una fortificazione, risalente ad un periodo successivo al passaggio del territorio sotto lo Stato Pontificio quando la rocca non servì più per scopi militari ma civili.