PROVINCIA DI FERMO - ENTROTERRA

SERVIGLIANO
Storia e cultura

La sua fondazione viene attribuita a Publio Servilio Rullo, tribuno di Gneo Pompeo il Grande (I secolo a.C.). In realtà, resti di villa romana repubblicano-imperiale sono venuti alla luce nell’area occupata dall’ex convento dei Minori Osservanti e dell’annessa chiesa di Santa Maria del Piano. Resti di costruzione romana in opus cementitium sono visibili lungo la provinciale Matenana, nel tratto che conduce a Curetta, la frazione che più direttamente conserva l’eredità dell’insediamento alto medioevale. Qui, attorno all’anno Mille, si sviluppò un vivace castello dipendente da Fermo, in grado di controllare gli abitati delle colline sottostanti. Intorno al 1758, la collina cominciò a franare in maniera inarrestabile a causa di infiltrazioni d’acqua. Fu necessario abbandonare il vecchio incasato e ricostruire ex-novo il paese in piano, in prossimità del convento dei Minori Osservanti. La Comunità cominciò a rivolgere una lunga serie di suppliche alla Congregazione del Buon Governo e al Pontefice per denunciare la situazione di disagio che si era creata sollecitando un intervento e la nomina di un architetto. L’ipotesi del trasferimento era già stata avanzata quando nel 1769 Papa Clemente XIV inviava come tecnico a Servigliano Virginio Bracci.
L’atto di fondazione della nuova città fu firmato da Clemente XIV nel 1771 e definiva le modalità e i tempi della ricostruzione del nuovo castello, a cui sarebbe stato dato il nome del pontefice. Il documento istitutivo del nuovo centro fu accompagnato da un secondo Chirografo per la costruzione di una parrocchia nelle vicinanze di Servigliano. Il nuovo paese, che fino all’11 gennaio 1863 portò il nome di Castel Clementino, si sviluppa su un impianto urbanistico quadrangolare, neoclassicamente compatto ed armonico, pressoché unico nel suo genere, programmato ed eseguito in un quadrilatero di metri 144 per 137. Il palazzo municipale e la collegiata di San Marco sono contornati da edifici gentilizi; mentre le abitazioni a schiera degli artigiani delimitano il castello, cui si accede da tre porte. Si tratta di un complesso urbanistico di tutto rilievo, ricco di fascino e di sorprese.

MONTEGIORGIO
Storia e cultura

Come testimoniano numerosi e significativi reperti archeologici, alcuni dei quali conservati nelle sale comunali, Montegiorgio è un antico insediamento piceno e romano. In età romana doveva far parte del territorio compreso nella centuriazione augustea che interessò la città di Falerio Picenus: in località Fontebella erano visitabili ruderi romani oggi non accessibili. Con la caduta dell'impero romano la continuità economica e culturale avviene per opera dell'autorità religiosa, divisa tra potere vescovile e centri monastici. L'impatto penetrante del monachesimo benedettino tra il 529 e il 540 prima, e successivamente quello farfense nell'VIII secolo, dilaga nelle campagne e riadatta resti di santuari, edifici romani, ricostruendo così quella rete politico-religiosa-amministrativa che farà da guida fino al XV secolo. La struttura urbana di Montegiorgio risale al Medioevo, quando dal IX secolo vi si stabilirono i monaci Benedettini, che accolsero il nucleo abitativo intorno alla Chiesa di Santa Maria Grande - l'attuale San Francesco - e al Monastero. Fu feudo farfense, poi libero comune ghibellino, alternando momenti di lotta e riavvicinamento con il sorgere e lo sciogliersi di alleanze e leghe con la vicina Fermo. Nel 1299, schierandosi con il partito imperiale, Montegiorgio ottenne da Rinaldo, Duca di Spoleto e Rettore della Marca, la giurisdizione sui castelli di Alteta, Cerreto, Francavilla, Monte San Pietrangeli, Monteverde e Rapagnano. Furono questi i momenti di maggiore espansione terrritoriale e di fermenti culturali, grazie all'insediarsi in territorio montegiorgese di due ordini religiosi: quello dei francescani presenti fin dal 1246 e degli Eremitani di Sant'Agostino nel 1265. Un miglioramento dell'economia fu promosso da una prospera colonia ebrea che nel XIII secolo vi si spostò da Firenze: questa stimolò i commerci, esercitando le industrie della lana, del lino e della seta e l'artigianato, specie nel campo del cuoio e dei pellami.
L'autonomia cittadina tuttavia capitola successivamente di fronte al potere sempre più crescente della vicina Fermo; scarse sono le informazioni relative ai secoli XVI e XVII a causa di un incendio che nel 1700 distrusse parte dell'archivio del Paese. La storia successiva vedrà Montegiorgio, unitamente ad altre città della Marca, coinvolte nelle vicende dello Stato della Chiesa.
Sul finire del secolo XVIII, con l'invasione francese, Montegiorgio fu parte del dipartimento del Tronto, come capoluogo di Cantone. Restituito allo Stato Pontificio dopo la breve parentesi della Repubblica Romana del 1849, Montegiorgio nel 1860 segue le sorti dello Stato Italiano con l'annessione delle Marche al Regno d'Italia. Oggi, Montegiorgio si presenta posizionata su un rilievo collinare. La cinta muraria ingloba tutto il centro storico che mantiene alcune delle caratteristiche vie medievali. Resti di mura castellane con portale di accesso provvisto ancora di porta in legno in contrada San Nicolò, alcuni vicoli stretti a misura d'uomo e le tracce preziose dei secoli sulle pietre delle chiese e dei palazzi, conferiscono alla cittadina un'atmosfera di raccolta eleganza. Seguendo un tracciato quasi triangolare del circuito fortificato, le porte d'accesso al centro storico sono dislocate secondo i quattro punti cardinali, e precisamente: Porta San Giovanni a Nord, Porta Sant'Andrea a Sud, Porta San Nicolò ad Ovest e Porta Santa Maria a Est.

CHIESA DEI SS. GIOVANNI BATTISTA E BENEDETTO
Dalla bella facciata classicheggiante in laterizio. La Chiesa fu iniziata a costruire nel 1789. L'interno, decorato a finto marmo, contiene opere di Luigi Fontana (volta, dipinti della Cappella della Madonna Addolorata ed il Battesimo di Gesù nel catino dell'abside), la Nascita di S. Giovanni Battista di Stefano Parrocel (sec. XVIII) ed un organo di Morettini del 1837. Il pavimento, in stile veneziano, fu rifatto negli anni '50 ed ha raffigurazioni simboliche di carattere religioso.

CHIESA S. FRANCESCO
Risalendo via Mazzini si arriva fino alla sommità del paese, al "Pincio". Il luogo è dominato dalla possente mole della Chiesa di S. Maria Grande, oggi S. Francesco, la cui primitiva costruzione ha avuto inizio verso l'anno mille e che nel corso dei secoli ha subito vari rimaneggiamenti, il più notevole dei quali nel 1585 ad opera del Papa Sisto V. La facciata è dominata dal portale in pietra calcarea, opera del maestro Gallo, del 1325. L'interno, molto rovinato, è strutturato in stile neoclassico ed ospita la "Mostra della cultura contadina dell'Alto Piceno". Annessa alla chiesa è la cosiddetta Cappella Farfense, che contiene un ciclo di affreschi, attribuiti ad Antonio Alberti di Ferrara, aventi per oggetto "L'invenzione della croce". La parte sottostante è occupata per tre lati da affreschi (molto rovinati) rappresentanti momenti di vita della Madonna e da una rappresentazione delle stimmate di S. Francesco, di ispirazione giottesca. Sul pavimento ed alle pareti pietre tombali delle famiglie nobili montegiorgesi. Notevole quella della famiglia Alaleona (probabilmente del XV secolo).

TEATRO DOMENICO ALALEONA
Il teatro di Montegiorgio, dedicato all’insigne musicista Domenico Alaleona, è annoverato come gioiello fra i 50 teatri storici delle Marche, quasi tutti realizzati secondo i canoni stilistici neoclassici, che ne caratterizzano la tipica e confortevole eleganza. Fu nel 1770 che venne inaugurato il teatro, realizzato in un salone del primo piano del vecchio palazzo comunale, interamente costruito in legno, con tre ordini di palchi e quaranta posti per gli spettatori in platea. La struttura, rispondendo a un desiderio popolare, fu molto utilizzata. Il numero limitatissimo di posti e la difficoltà di eseguire opere di restauro, suggerirono nel 1869 un’idea risolutiva. L’architetto locale Giuseppe Sabbatini venne così incaricato di realizzare un progetto per un nuovo teatro, che doveva occupare l’intera superficie del vecchio palazzo comunale. Nel 1884 furono terminati i lavori in muratura, ad esclusione della facciata di nord-ovest che non fu mai completata. Le decorazioni, gli arredi e le pitture furono ultimati nel 1889, quando si procedette con il collaudo. Due anni più tardi, nel giorno inaugurale la struttura venne ufficialmente denominata Teatro dell’Aquila e per mandare alla memoria l’evento venne rappresentata l’opera “Maria di Rohan”, una composizione del musicista bergamasco Gaetano Donizetti la cui prima era stata allestita nel 1843 alla Fenice di Venezia. L’opera, nell’occasione montegiorgese, venne interpretata da Maria Tassinari, soprano famosissima, con la direzione di Goffredo Sacconi. Il bisogno di alcuni lavori sussidiari, come il consolidamento delle murature e le misure antincendio, costrinsero ben presto a tenere chiuso il teatro fino al 1903 quando, completato l’impianto elettrico, venne nuovamente inaugurato con “La favorita”, un’altra opera di Donizetti. Il Teatro dell’Aquila rimase tale sino al 1914, quando venne presa la decisione di ribattezzarlo in Teatro Verdi, onorando la figura del musicista di Busseto. I lavori di adattamento della struttura sono stati tuttavia ininterrotti sino ai nostri giorni: dalla sostituzione delle poltrone all’intervento all’impianto di riscaldamento, all’uso del locale come sala cinematografica sino al rifacimento del tetto. I continui miglioramenti hanno definito il Teatro nella sua forma odierna. 50 i palchi oltre a ordini di loggione, 138 poltrone in platea per una capienza di 300 posti. L’intitolazione a Domenico Alaleona venne data nel 1945. L’8 settembre, il Teatro ospitava Beniamino Gigli, il tenore recanatese, che esibì  in alcune arie delle opere “Il Rigoletto” e il “Il barbiere di Siviglia”, con la direzione d’orchestra del maestro montegiorgese Mario Marcantoni e la partecipazione di Luciano Neroni, cantante lirico di Ripatransone tra i più noti a livello internazionale. Nell’atrio del Teatro è apposta una lapide commemorativa al musicista Domenico Alaleona. In suo onore viene organizzata una stagione di concerti.

PALAZZO PASSARI
Dominante sulla Piazza Matteotti vi è Palazzo Passari, dei secoli XVI e XVII, le cui sale hanno ospitato l'esposizione permanente delle opere di Gaetano Orsolini. Le superstiti tempere settecentesche, parte della ricca quadreria alienata intorno alla prima metà del '900 dalla famiglia patrizia, sono visibili nella Sala Consiliare del Comune di Montegiorgio. Vicino al palazzo, con le alterazioni subite dal tempo e la destinazione di una parte del complesso architettonico ad Ufficio Postale e una parte a Scuola Media, si scorgono tracce di quello che doveva essere nel nostro territorio, il pregevole monastero dell'ordine agostiniano.

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IDEAZIONE

Progetto realizzato dalla Rete di imprese E-ITALY a valere sul bando della Regione Marche “Bando per la promozione degli interventi a favore dei sistemi produttivi
locali, dei distretti industriali e produttivi  per il rafforzamento del sistema organizzativo e per favorire l’integrazione delle filiere produttive, delle reti di imprese e dei 
processi di aggregazione di imprese".
Attuazione della DGR Regione Marche n. 1495/2010, Art. 2 del DM  Ministero dello Sviluppo Economico del 07.05.2010 e Decreto del Dirigente del Servizio Industria
Artigianato e Energia Regione Marche N. 50/S11 del 19/11/2010.

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