PROVINCIA DI ASCOLI PICENO
CITTA’ D’ARTE
OFFIDA
Storia e cultura
La cittadina sorge sul crinale della fascia collinare che divide il fiume Tesino dal fiume Tronto. Le origini della cittadina sarebbero antichissime, lo storico offidano G.
Allevi (1834-1896), nel suo volume "Offida preistorica" (1889), sostiene che Offida sarebbe stata fondata durante l’età della pietra e che i Pelasgi, popolo proveniente
dall’Asia Minore, sarebbero stati i primi a portare i segni della civiltà nella cittadina. Lo storico offidano C. Arduini (1815-1881), contestando tali posizioni, nella sua
opera “Memorie istoriche della città di Offida” (1844), sostiene che le origini della città debbano essere ricollegate, molto probabilmente, all’occupazione di Ascoli da
parte dei Longobardi, avvenuta nel 578 d.C. In tale occasione, gli Ascolani fuggiti si rifugiarono nelle colline interne e fondarono, in seguito, i castelli di Montalto,
Amandola, Comunanza, Appignano ed Offida. Sempre secondo l’Arduini, Offida, durante la dominazione dei duchi longobardi, rappresentò il più grosso e
ragguardevole castello della Contea di Ascoli e fu sede di un gastaldo. Altri storici sostengono che il nome di Offida derivi da oppidum, che sta ad indicare una
cittadina fortificata dell’epoca romana e, pertanto, la fondazione e la denominazione di Offida debbano essere ricollegate alla storia dell’espansione romana. Ma sarà
il potere religioso, dal XII al XVIII secolo, a condizionare i tempi e i modi di sviluppo comunale di Offida, come nei tanti paesi e diverse città marchigiane.
LA ROCCA
Da una piantina disegnata nel 1694 dall’offidano F. Fabiani risulta chiaramente che l’antica città era circondata ancora da mura di cinta. La struttura militare, analoga
a quelle contemporanee, era rappresentata da alti muraglioni intervallati da torri quadrate. All’angolo nord-est si delineava un torrione quadrato che rappresentava la
porta principale del castello, alla quale, probabilmente, si accedeva attraverso un ponte levatoio. Altre due porte erano presenti, una a Nord-Ovest denominata di S.
Giovanni, un’altra a Sud-Ovest detta della Fontana. Oggi, ben poco è rimasto delle antiche mura Castellane. Il terremoto del 1943 contribuì a rovinare quanto ancora
rimaneva delle mura cittadine ed in seguito anche il vecchio muraglione, presente nei pressi dell’attuale torrione principale, fu inopportunamente demolito e venne
inserita una balaustra in travertino. Notizie certe si riferiscono alla costruzione della nuova Rocca, quella che ancora è possibile ammirare e che fu costruita negli
ultimi decenni del secolo XV. Il progetto di tale opera è stato per diverso tempo attribuito a Giuliano da Sangallo (1445-1516) ma, da studi effettuati da Pietro
Gianuizzi e pubblicati nell’Archivio Storico dell’Arte nel 1890 a Roma, è risultato che il progetto deve ritenersi opera dell’architetto fiorentino Baccio Pontelli (1450-
1492), familiare e mazziere del papa Innocenzo VIII (1432-1492), del quale è ancora visibile uno stemma posto sull’alto della Rocca. Tale opera fu fatta erigere dal
papa Innocenzo VIII, in occasione dei continui scontri tra Ascolani ed Offidani. L’opera fu realizzata dal maestro Lucchini di Como e fu portata a termine nel 1494. Si
conservano ancora l’antico torrione che difendeva l’entrata della città, una torre quadrata ed ancora un altro torrione, di forma cilindrica, tutti del sec. XV. All’interno
delle antiche mura castellane è racchiuso il centro storico di Offida, punto di partenza di un itinerario ideale tra le vie e le piazze del paese, un percorso lungo il quale
si trovano monumenti di grande valore storico, artistico ed architettonico, testimonianza di un illustre passato.
IL PALAZZO COMUNALE
Il papa Niccolò IV, nel 1291, riconosceva ad Offida il potere di eleggersi un podestà (come testimoniato da documenti dell’Archivio della Collegiata), i consoli e i priori.
Pertanto si deve ritenere che da tempo fosse stato costruito il Palazzo Comunale. Lo storico offidano A. Rosini, infatti, fa risalire la costruzione del Palazzo
Comunale attorno ai sec. Xl-Xll. Con molta probabilità tale costruzione era rappresentata da un edificio composto da un piano terra, da un primo piano e da una
soffitta coperta da un tetto a due spioventi, sorretto da capriate in legno, rozzamente intagliate; il tutto sovrastato da una rozza torre quadrangolare. La struttura
dell’edificio doveva dunque risultare piuttosto semplice. La struttura architettonica attuale presenta caratteristiche di diversa epoca. L’edificio, costruito in laterizio,
infatti, è costituito da una torre trecentesca coronata da merli a coda di rondine. La dimensione trecentesca è testimoniata ancora dalla facciata del muro che dà sul
Teatro Serpente Aureo. Il portico, che dà sulla piazza centrale, è retto da colonne cilindriche sormontate da capitelli in travertino, e risale al sec. XV. Ai due lati del
portico centrale si notano due stemmi, opere effettuate nel 1932 dallo scultore offidano Aldo Sergiacomi. Lo stemma di sinistra rappresenta la Casa Savoia, quello di
destra si riferisce al Comune di Offida. Un altro portico, probabilmente risalente alla fine del sec. XVIII o al sec. XIX, fiancheggia il Palazzo Comunale dalla parte che
dà sul Corso Serpente Aureo. Dalla porta centrale, contornata da uno stipite di pietra tagliata a punta di diamante, attraverso una scala, ci si porta al piano superiore
del Palazzo. Le sale più rappresentative sono quattro: la Sala Consiliare, la “sala rossa”, con mobili stile Luigi XV; la “sala azzurra”, con mobili stile impero; la “sala
verde”, con mobili stile Luigi XVI.
TEATRO SERPENTE AUREO
Le notizie riguardanti l’esistenza di un vecchio teatro all’interno del Palazzo Comunale, ci sono fornite da un documento dell’Archivio Storico Comunale del 16 Ottobre
1819. In tale documento sono riportate anche le notizie riguardanti l’attuale Teatro Serpente Aureo. Si sa che prima del 1768 esisteva, in una sala del Palazzo
Comunale (sala consiliare), un palcoscenico a "guisa di teatro", costruito "senza distinzione di ceto". Proprio "per riparare", così recita il documento, a questo
inconveniente, il giorno 8 Luglio 1768, fu accolta la proposta di Paolo Cipolletti e Gaetano Castellotti consistente nella realizzazione di un teatro in legno con un
palcoscenico e 29 palchetti in giro di tre ordini, da dislocarsi al posto di quello esistente.
L’attuale Teatro Serpente Aureo, rimodernato nel 1862, è un vero gioiello di concezione barocca di tipo a boccascena o, come comunemente si suole dire,
(all’italiana), con schema a "ferro di cavallo”. Non ha una facciata propria e l’ingresso è posto sotto il portico del Palazzo Comunale. Attraverso un atrio adornato con
statue rappresentanti quattro Muse, si entra nella sala formata da 50 palchi in giro di tre ordini con loggione e platea.Essa è decorata con stucchi ed intagli dorati su
fondo verde, opera di G. Battista Bernardi, offidano (sec. XVIII-XIX). La volta, raffigurante Apollo e le Muse, venne dipinta da Alcide Allevi (1831-1893). Attorno, otto
medaglioni raffigurano i più illustri autori della lirica e della prosa. Il tutto è dominato da un artistico lampadario con globi di cristallo. Sul palcoscenico si conserva
ancora il vecchio sipario con dipinta la leggenda del mitico Serpente d’Oro. Varie le modifiche strutturali succedutesi nel 1900. Nel Novembre del 1907 veniva
sostituito l’impianto dell’illuminazione a gas con quello elettrico; nel 1922, su progetto dell’ing. G. Condio, si procedeva all’abbassamento della platea; tra il 1928 e il
1930 venivano effettuati, dall’ing. Rossini, lavori di consolidamento; nel 1950 un palco veniva utilizzato a cabina per le proiezioni cinematografiche; nel 1954 veniva
ristrutturata la pavimentazione e il teatro veniva dotato di un impianto di riscaldamento. Nel 1991 hanno avuto inizio alcuni lavori di adeguamento dei servizi e degli
impianti, terminati nel 2002 con la riapertura del teatro. Attualmente la struttura viene utilizzata per le manifestazioni culturali e per i Veglionissimi di Carnevale.
CHIESA DELLA COLLEGIATA
La chiesa Collegiata sorge sul posto dove si trovava l’Oratorio della Trinità (sec. XIII). L’Oratorio, con le sue statue e pitture, fu demolito sul finire del sec. XVIII e al
suo posto sorse la nuova Collegiata, consacrata a Maria Assunta in cielo. I lavori di costruzione iniziarono nel 1785, utilizzando parte del materiale ricavato dalla
demolizione del monastero di S. Maria della Rocca, sotto la direzione di Pietro Maggi, ticinese, e su disegno di Lazzaro Giosafatti (1694-1781). La chiesa fu aperta al
culto il 7 Aprile 1798 e consacrata il 19 Aprile 1801 dal cardinale Giovanni Andrea Archetti, vescovo di Ascoli Piceno. La facciata è un misto di stile greco, romano,
lombardo, barocco. È coronata da una balaustra con pilastri classici, finestre graticolate, conchiglie. Il grande lunettone centrale, sorretto da due alte colonne
monolitiche di travertino, contiene "il mosaico dell’Assunta". Fu eseguito, su disegno di P. Gaudenzi (1 880-1955) di Roma, dal Laboratorio Vaticano nel 1950. A
fianco della chiesa si innalza una torre, rigata agli angoli da pilastri, terminante con una cornice in balaustra di travertino. Alla sommità, sopra una base ottagonale, si
erge la statua bianca della Madonna. La pianta è a croce latina. L’asta principale, nella sua estremità, si arrotonda e forma l’abside. Ai due bracci dell’asta minore, a
semicerchio, vi sono due cappelle con balaustra in marmo. Le due cappelle sono fiancheggiate da rampe di scale che immettono nella cripta, dedicata alla Madonna
di Lourdes, tutta in pietra di roccia, ricavata utilizzando materiale proveniente dal monte dell’Ascensione. Fu costruita nel 1920 da abili artigiani locali su disegno del
prof. G. Leoni e aperta al pubblico il 13 Maggio del 1920. Al centro della chiesa, dove le braccia si incontrano, si innalza una cupola, alta mt. 38, sovrastata da un
cupolino a forma di tempietto periptero (cinto da colonne). Sui quattro pennacchi della cupola gli artisti offidani Giuseppe e Giovanni Battista Bernardi (sec. XVIII-XIX)
dipinsero 4 evangelisti, copie degli originali del Domenichino (1581-1641) in S. Andrea della Valle in Roma. Il tempio è diviso in tre navate e composto da due ali di
piloni sui quali si slanciano archi a tutto sesto. La chiesa è stata decorata con stucchi dai plasticatori milanesi Fontana e Bernasconi (sec. XVIII). La volta fu dipinta a
cassettoni in chiaroscuro dall’offidano Giovanni Battista Bernardi. In mezzo ai cassettoni si incastonano, tra i chiaroscuri, quadri a guazzo, opera di Giuseppe, figlio
di Giovanni Bernardi. I lavori furono eseguiti intorno al XVIII-XIX sec.
CHIESA DI S. AGOSTINO
Nei pressi del Palazzo Comunale sorge l’ex convento di S. Agostino con l’annessa cappella del Miracolo Eucaristico, imponente edificio in laterizio la cui
costruzione, iniziata nel 1338, fu completata nel 1441. La prima costruzione fu realizzata modificando l’antica struttura esistente rappresentata da una chiesina
dedicata a S. Maria Maddalena (1254) e da un piccolo romitorio. Nel XVI secolo fu rinnovato il pavimento dell’intera chiesa. Altri importanti rifacimenti furono effettuati
nel 1933 e nel 1937. Anche il convento fu più volte modificato, precisamente nel 1609-1618 e addirittura rinnovato dalle fondamenta nel 1625. Una epigrafe riporta un
restauro con la data del 1795. La facciata, pertanto, presenta una forma di stile barocco. Sul portale troviamo un frontone e due nicchie da statue e le tracce del
trecentesco rosone murato. La parte settentrionale della chiesa ricorda senz’altro, nonostante le modifiche, l’antica chiesa trecentesca; infatti si notano elementi
decorativi romanico-gotici, tra i quali i fregi ad arco. L’antica porta, di cui rimane un arco ornato di fregi, venne sostituita con un portale cinquecentesco in pietra
bianca. Questo fu effettuato, probabilmente, durante i lavori per il rifacimento del pavimento. La cupola della chiesa è di forma ottagonale. Nella parte posteriore si
eleva l’abside con il Campanile-Torre dal caratteristico bulbo bizantino. Nel 1574 si realizzava il chiostro a forma di quadrilatero chiuso da un parapetto con lunghe file
di colonne ottagonali, con base a capitelli di pietra, ed archi a tutto sesto. Al centro del chiostro il consueto pozzo. Dal chiostro si accedeva al refettorio. Attualmente
il refettorio non esiste più perché i locali sono stati adibiti ad aule scolastiche, come del resto tutti i locali presenti nei pressi del chiostro. L’interno della chiesa si
presenta ad una sola navata a croce latina ed è ricca di capitelli dorati del sec. XVIII. A destra e a sinistra si notano, in alto, nicchie con statue raffiguranti santi
dell’Ordine agostiniano. Diversi gli altari laterali e numerose, nonché pregevoli, le tele presenti.
MUSEO CIVICO
L’ottocentesco palazzo De Castellotti-Pagnanelli, costituisce un vero e proprio polo culturale, poiché al suo interno sono ospitati:
Il Museo del merletto a tombolo, con i manufatti di diverse tipologie e tecniche di lavorazione, le pubblicazioni sul Merletto offidano, gli attrezzi, i filati e i disegni;
campionari e diversi tipi di punti e lavori antichi e moderni (corredi nuziali, centri, fazzoletti, biancheria, tovaglie). Il turista che si infila tra le viuzze e le stradine della
cittadina, sicuramente si imbatterà, specie durante la stagione estiva, nelle donne offidane di ogni età, sedute presso l’uscio di casa, tutte prese dal lavoro del
merletto a tombolo. E’ uno spettacolo osservarle nel fare uso, con velocità sorprendente, di fuselli, meglio noti come "cann’itt", di fili bianchi (refe bianco o grezzo) e
di spilli. Il tombolo rigonfio di segatura, noto come "lu capzzal", e i fili di refe sono indispensabili per comporre figurazioni di ogni tipo: il cantù offidano, il punto
Venezia, il punto Rinascimento, producenti soprattutto immagini di animali e fiori.
Il Museo archeologico “G. Allevi”, nonostante le vicessitudini di 120 anni di vita abbiano ridotto il patrimonio del museo da 4200 reperti del 1880 ai circa 1500 pezzi
repertoriati dall’Archeoclub nel 1996, conserva quasi intatto il nucleo fondamentale della "Officina litica", delle due importanti necropoli Picene di Offida e Spinetoli,
assieme alla decorazione fittile templare di epoca repubblicana attribuita al leggendario "Tempio dell’OPHYS". La collezione segue un preciso ordine crono-tipologico,
pertanto il percorso prestabilito inizia dai materiali più antichi, per arrivare a quelli di età più recente.
Il Museo delle Tradizioni Popolari fu istituito a scopo didattico nel 1986 come "Museo della civiltà contadina ed artigiana" per iniziativa di alcuni professori della locale
scuola Media "G.Ciabattoni", e allestito dapprima nei locali sotterranei dell’ex convento di S. Agostino, e dal 1998 trasferito nel Palazzo Castellotti-Pagnanelli.
L’originale ordinamento, semplice ed efficace perché il visitatore comprenda il contesto e la funzione di ogni oggetto, accompagnato dalla denominazione dialettale si
è voluto mantenere e completare nel nuovo allestimento.
La Pinacoteca comunale è composta da una serie di ritratti donati da padre Andrea Cipolletti (sec. XIX) all’Amministrazione Comunale e realizzati dall’artista
Vincenzo Milione nel XVIII secolo. I personaggi raffigurati sono illustri offidani di varie epoche storiche, molti dei quali monsignori ed ecclesiastici. Della pinacoteca
comunale fanno parte anche due preziose tele: una di Pietro Alemanno, l’altra di Simone De Magistris. L’opera di Pietro Alemanno (1498?), allievo di Carlo Crivelli
(1430-1493), raffigura S. Lucia. Il dipinto, eseguito a tempera, ritrae, su sfondo dorato e su un marmoreo trono rosso e grigio dal dossale decorato a candelabri, la
vergine siracusana in veste marrone e manto turchino a risvolti verdi. Con la testa lievemente china verso destra, la santa regge in una mano la palma del martirio e
nell’altra la coppa con due occhi. Dietro la figura pende un drappo damascato.
SANTA MARIA DELLA ROCCA
Quasi isolata dal resto del paese, su una maestosa rupe, ad ovest della cittadina, sorge la Chiesa di Santa Maria della Rocca, con un campanile a pianta quadrata,
terminante a cuspide piramidale ottogonale. In stile romanico-gotico in laterizio, la chiesa, ricostruita nel 1330, dove sorgeva una piccola chiesa del 1000, è rigata
sulla facciata da eleganti lesene di travertino e decorata alla sommità con una doppia fila di archetti trilobati. Attraverso una gradinata chiusa tra due ali di muro, si
accede alla cripta che presenta un portale in travertino scolpito a fogliame (sec. XIV), a tortiglioni ed animali. Varcata la porta del sotto tempio ci si immette in un
emiciclo poligonale (abside centrale) alla cui volta servono da fulcro quattro colonne in laterizio di stile lombardo con capitelli smussati agli angoli e decorati da ovali
sorreggenti arcate a sesto acuto e a tutto sesto. Nell’abside centrale si evidenziano a destra dipinti attribuiti al Maestro di Offida (sec. XIV-XV). Sempre a destra è
posta un’antica urna cineraria in travertino che ora serve come pila per acqua-santa. In entrambi i lati dell’emiciclo ci sono due cappelle poligone divise a spicchi da
costoloni che da terra salgono ad incontrarsi al centro della volta. Nella cappella-abside di sinistra si trovano altre pitture del Maestro di Offida: "S. Caterina
d’Alessandria, e l’Annunciazione". Ancora sulla parete a sinistra nei pressi della cappella, altri dipinti dello stesso autore: "La Madonna del Latte, S. Ludovico da
Tolosa, S. Onofrio e S. Stefano" e infine, del Maestro Ugolino di Vanne da Milano (sec. XIV-XV): "La Vergine col figlio e S. Antonio" del 1423. Nella cappella-abside di
destra, altri dipinti del Maestro di Offida: "Le storie di S. Lucia", "Crocifissione", "lncoronazione della Vergine", "La Madonna della Misericordia e S. Giovanni
Evangelista". Altre quattro colonne e due pilastri dividono emiciclo e cappelle dalla rimanente cripta. Si salgono tre gradini in laterizio e ci si immette in quella che era
la chiesa originaria. Essa è divisa in tre parti da due file di colonne e due di semi-colonne addossate ai muri. Le basi e le colonne sono tutte in laterizio, tranne una
che ha base e tronco in travertino. Sul muro perimetrale Sud, si notano tre piccole finestrine strombate ad arco a tutto sesto ed una porta di accesso. Sul lato Nord vi
sono una sola finestrella ed una tomba ricavata nella muratura. La pavimentazione, in cotto, è stata eseguita di recente (1986). In fondo, a destra, una scaletta a
chiocciola immette nella chiesa Superiore che si presenta a croce latina, con transetto appena pronunciato ad una sola navata, con capriate a vista. Le pareti laterali
sono nude e interrotte sul lato Sud da tre finestroni oblunghi, due aperti e uno murato. Nella parete e nell’ambone, a destra, altre opere del Maestro di Offida: "La
Sepoltura di Gesù" e "La Crocifissione". Nel catino dell’abside maggiore un’opera del Maestro Ugolino di Vanne da Milano raffigurante "Sette Profeti, otto Sante
Vergini, dieci Angeli musici". Nella zona inferiore sinistra dell’abside maggiore un frammento di affresco votivo, commissionato dal condottiero offidano Baldassarre
Baroncelli, datato 23 Nov. 1423. Nella zona inferiore, al centro dell’abside maggiore, "Fuga in Egitto" del Maestro di Offida.
PRODOTTI TIPICI
VINI
La conformazione geografica collinare del territorio offidano e dei comuni limitrofi compresi tra il Tronto e il Tesino, permette la produzione di vini pregiati la cui qualità
va sempre migliorando grazie a studi ed accorgimenti di cui in passato non si teneva conto. Recentemente è stata approvata una nuova DOC, denominata Offida, che
va ad aggiungersi alle tre già esistenti e conosciute.
I vini prodotti sono:
Il Rosso Piceno, la più vasta prodzione che comprende le provincie di Ancona, fino a Senigallia, Macerata ed Ascoli Piceno. Il Rosso Piceno Superiore, interessa una
zona ristretta a sud-ovest dell'ultimo tratto del fiume Tronto. Il Falerio dei Colli Ascolani, interessa il territorio collinare della provincia di Ascoli Piceno. Offida,
denominazione di recente produzione. L'Offida Pecorino e Passerina interessa 22 comuni. L'offida rosso, interessa 17 comuni. La tipologia vin santo è limitata ai
territori di Offida e Ripatransone. Si divide in: Offida pecorino, Offida passerina, Offida passerina spumante,Offida passerina passito e Vin santo, Offida rosso.
PIATTI TIPICI
Il Chichì ripieno, focaccia molto gustosa e saporita farcita con tonno, alici, carciofini e peperoni. E' particolarmente adatta per tutti gli spuntini o per accompagnare
aperitivi ed antipasti tipici. Li Taccù, piatto povero, che riprende la tradizione antica, una sorta di tagliolini piuttosto grossi impastati senza uova, ma solo con acqua
e farina che possono essere cucinati in vari modi: in brodo con un soffritto di cipolla e pancetta oppure asciutti e conditi con sugo di pomodoro. Pollo Ncipp Nciapp,
spezzatino di pollo rosolato in padella ed aromatizzato con aglio e rosmarino. Coniglio in salsa, spezzatino di coniglio molto saporito, con salsa di peperoni, alici,
prezzemolo, capperi, olive e carciofini. I Funghetti, dolci molto semplici a base di acqua, zucchero, farina e anice. Sono così chiamati perché hanno l'aspetto di
piccoli funghi.
RIPATRANSONE
Storia e cultura
Pur trovandosi a 12 km dal mare, è posta ad un’altitudine notevole: la collina dove è situata è di per sé una torre di avvistamento naturale che spazia dalla Montagna
dei Fiori, al Gran Sasso, ai Monti Sibillini. E’ un centro di spiccato interesse artistico che negli anni ha sapientemente conservato il suo patrimonio paesaggistico e
d’arte ed ha saputo promuovere la riscoperta. Grazie alla sua posizione collinare è l’area tipica del vino Rosso Piceno. Le valli ed i colli, che dolcemente discendono
fino al mare, incisi da piccoli corsi d’acqua, sono stati modellati nel corso dei secoli dal lavoro degli agricoltori: peculiarità di questa zona sono gli inquietanti e
sorprendenti brani di terra a carattere calanchivo. Il centro si presenta medioevale nell'impianto urbano, con edifici rinascimentali e barocchi pur non mancando
palazzi nobiliari di epoca settecentesca e di tardo ottocento, visibili soprattutto lungo il Corso Vittorio Emanuele II, asse principale che attraversa la città da sud a
nord. Nei quartieri più popolari si trovano numerose viuzze e vicoli, tra i quali quello che vanta il guinness del più stretto d'Italia: 43 cm. Dell'antica cinta muraria (XV-
XVI secolo) restano il Torrione con la Porta di Monte Antico (secoli XV-XVI), un secondo torrione con merli ghibellini così restaurato nel 1958, la Porta San Domenico,
la Porta Cuprense ed il Torrione con porta detto Donna Bianca. Papa Pio V (1566-1572) le conferì il titolo di città e ne fece sede vescovile dandogli potere e prestigio
che ancor oggi mantiene visibile attraverso le opere custodite all'interno delle numerose chiese.
PALAZZO MUNICIPALE
Sulla Piazza XX Settembre, con balaustra in travertino, ci si trova davanti il Palazzo Municipale (sec. XIII), che non conserva quasi niente della sua struttura originaria.
Sulla facciata, con doppia scalinata, si notano un portale a bugne sormontato dallo stemma comunale contraddistinto da un leone su cinque colli, due archi chiusi
della Loggia degli anziani, e una meridiana a muro. Al pian terreno ospita il Museo Archeologico, fondato nel 1877 dal reverendo Cesare Cellini che donò al Municipio
la sua raccolta privata a cui fecero seguito le donazioni di altre famiglie benestanti locali. A queste si aggiunsero alla fine dell' 800 i consistenti ritrovamenti di
necropoli dell'età del Ferro, effettuati in diverse zone del territorio, e i successivi rinvenimenti che si sono susseguiti fino ad oggi. Il Museo nella sua esposizione,
costituita per lo più da materiali della zona, delinea le modalità di frequentazione del territorio dalla Preistoria al Medioevo. Ai materiali litici del Paleolitico, Neolitico e
dell'Eneolitico si susseguono le testimonianze dell'età del Bronzo che attestano il ruolo importante della zona in quel periodo. Diverse sale sono dedicate alla Civiltà
Picena ben rappresentata da una ricca tipologia di vasellame fittile, di ornamenti, di armi tra cui elmi, punte di lancia, asce e pugnali. I reperti di epoca romana sono
legati all'ager cuprensis, di cui Ripatransone faceva amministrativamente parte, e costituiti da epigrafi latine, frammenti di statue, oggetti della vita quotidiana.
Nell'ultima sala, da poco allestita, sono stati esposti materiali Altomedievali.
PALAZZO DEL PODESTA’
Il Palazzo del Podestà è uno degli edifici medievali più interessanti della regione, realizzato in stile romanico-gotico nel 1304. Oltre a vari restauri fatti tra il '500 e il
'700, le linee dell'edificio furono modificate nel secolo scorso. La torre civica conserva nella cella campanaria il campanone civico fuso a Ripatransone nel 1702 da
Laureti di Spoltore. Nella facciata in basso si apre un porticato a sette archi, di cui quello centrale ogivale, mentre, superiormente, corre un piano di sei bifore con al
centro una monofora trilobata. Il primo piano fu trasformato in Teatro Comunale, con progetto di Pietro Maggi, a partire dal 1790, inizialmente denominato Teatro Del
Leone. La conformazione ad U della sala fu dovuta probabilmente ad esigenze di spazio: l'architetto fu condizionato dalle preesistenti strutture murarie dell'antico
palazzo in cui la sala teatrale fu inserita. Completato nel 1843 e l'interno fu dipinto da Luigi Ruffini da Falerone. Dal 1894 è intitolato a Luigi Mercantini, letterato e
patriota ripano. Le due ali laterali furono realizzate alla fine del XIX secolo dall'ing. P. Dasti. Decorato nel 1875 da Giovanni Micca ed arricchito da un sipario storico
dell'artista Ruffini di Falerone. Lo splendido plafone piano, caratterizzato da armoniche colorazioni, è decorato da una serie di medaglioni, in sei dei quali sono
raffigurati i volti di Rossini, Verdi, Bellini, Metastasio, Goldoni ed Alfieri.
PINACOTECA CIVICA
Nell’ultimo tratto del Corso Vittorio Emanuele sorge sulla destra il Palazzo Bonomi-Gera (fine XVII secolo), che oggi è sede museale articolata in cinque collezioni:
pinacoteca, gipsoteca, museo storico etnografico, museo storico risorgimentale e galleria d'arte contemporanea. Il Palazzo nasce su progetto di Luzio Bonomi, e nel
1966 fu acquistato da Uno Gera, magistrato, scultore, che lo fece restaurare. Lo stile serio e castigato trova l'unico elemento decorativo nel portale in arenaria
sormontato da un balconcino. All’interno si articola in ampi saloni, il principale dei quali contiene una terrazza rialzata, sorretta da colonne, che fungeva da
palcoscenico per un'orchestra destinata ai concerti privati per i signori già proprietari dell'edificio. Le collezioni e raccolte custodite costituiscono il nucleo originario
del primo Museo Civico di Ripatransone risalente al 1877. Successivamente il Museo Civico venne ampliato con la donazione di opere di Uno Gera e del Palazzo
Bonomi. Dal 1966 al 1976 Gera si occupa del restauro e della sistemazione del palazzo al fine di riportarlo all'antico splendore, con l'acquisto e la disposizione di
dipinti, mobili ed oggetti secondo un gusto del tutto personale.
ACQUAVIVA PICENA
Storia e cultura
Acquaviva Picena sorge su una collina che domina il paesaggio della valle del Tronto, a pochi chilometri di distanza dal Mar Adriatico e da San Benedetto del Tronto.
Dall'elevazione medio-collinare della cittadina (359 m s.l.m.) è possibile scorgere, nei giorni di bel tempo, oltre alla più alta cima dei Sibillini (Monte Vettore), anche le
più lontane montagne abruzzesi (Gran Sasso, Majella). Le origini del paese sono probabilmente legate al mutamento delle condizioni politiche di sicurezza,
all'abbandono di Truentum, vessata dalle continue incursioni dei Longobardi prima e dei Saraceni in seguito, e al rifugio della popolazione sulle colline più arretrate e
difendibili rispetto alla scoperta linea costiera. Tale occupazione man mano si consolidò e trasformò tra il IX e X sec. in un insediamento difeso da mura e rafforzato
da una rocca, che ancora oggi conserva il toponimo "Terra Vecchia". Verso la fine del 1220, con la costruzione della parte orientale del borgo medioevale ("Terra
Nuova"), finalizzata ad accogliere profughi dei vari castelli d'intorno, Acquaviva rappresentava ormai un possesso sicuro ed imprendibile, in seguito frequentemente
conteso per la sua posizione strategica. Menzionata nel 947 d.C. tra i possedimenti dell'Abbazia di Farfa, divenne feudo e dominio dei Duchi di Acquaviva e Atri, i
quali vi prosperarono a lungo consolidandone l'aspetto di fortezza inaccessibile. Tale famiglia detenne un ruolo non certo marginale nelle lotte tra Impero e Papato:
fedele alla causa filoimperiale, rafforzò la propria posizione e il legame con Federico II, attraverso una lungimirante politica matrimoniale. Dal 1988, l'Associazione
"Palio del Duca" ripropone ogni anno, il primo venerdì di agosto, dentro le mura della maestosa Fortezza medievale, la rievocazione storica “Sponsalia”, tra giochi,
spettacoli, balletti medievali e banchetto nuziale, in ricordo del matrimonio avvenuto nel 1234 tra Forastéria, figlia di Rinaldo degli Acquaviva detto il "Grosso" e
Rainaldo dei Brunforte, figlio di Bonconte nipote di Fidesmino di Brunforte, Signore di Sarnano e Vicario di Federico II. Nel 1341 il feudo venne ceduto con un atto di
vendita alla città di Fermo, per la quale rappresentava un territorio strategicamente molto importante ed indispensabile per il controllo del litorale da San Benedetto,
fino ai possedimenti della nemica Ascoli. Saldo baluardo fermano, fu una postazione costantemente in stato di allerta, se non di lotta aperta: la sua posizione di
confine con il territorio ascolano la strinse spesso nella morsa di guerre e distruzioni, fatti d'arme, assalti di briganti e saccheggi. Unita alla provincia di Fermo, rimase
a far parte dello Stato Pontificio fino al Risorgimento e ai moti per l'annessione delle Marche al Regno di Vittorio Emanuele II: con il plebiscito del 1860 divenne parte
del Regno d'Italia, allegata alla Provincia di Ascoli Piceno.
LA FORTEZZA
Menzionata tra le più importanti rocche della regione, la Fortezza costituisce il monumento più rappresentativo e la principale attrattiva turistica del paese.
Probabilmente ideata sul primo affermarsi della potenza della Famiglia degli Acquaviva, fu completata intorno al 1300.
Giovan Francesco Azzolino, in seguito alla distruzione operata dai Fermani nel 1447 si occupò della ricostruzione, a cui sembra essersi interessato il grande
architetto fiorentino Baccio Pontelli, autore della Rocca di Senigallia, delle fortezze di Offida, di Jesi e di Osimo. Esemplare importante di fortificazione, presenta una
pianta a quadrilatero irregolare, che racchiude un'ampia corte centrale con pozzo, con i vertici rafforzati da torrioni.Il torrione più alto, il Mastio, di forma cilindrica è
alto circa 22 m e presenta una scarpata fortemente accentuata. L'interno, occupato da due vani voltati tra loro collegati da una scala in muratura, ospita attualmente
un'interessantissima esposizione di armi antiche. Davvero suggestivo è lo spettacolo paesaggistico che si apre allo sguardo del visitatore dalla sommità del Mastio,
che permette di scorgere per un ampio orizzonte il mare, i colli circostanti e le imponenti vette del Gran Sasso e della Maiella. Il torrione da cui si aprono feritoie per
bocche da fuoco, posto in diagonale rispetto al Mastio, è di pianta pentagonale e presenta all'interno due vani sovrapposti aperti sulla corte. Le altre due torri,
rispettivamente di pianta pentagonale e quadrata, erano destinate ad armi leggere quali colubrine ed archibugi. Nella parte alta, percorribile attraverso camminamenti,
la struttura difensiva poggia su eleganti beccatelli. Nello spessore della muraglia è ricavato un corridoio con piccoli appostamenti a casamatta ed una porta all'uscita
della cortina. L'intero complesso restaurato alla fine dell'Ottocento dal noto architetto marchigiano Giuseppe Sacconi, autore del Vittoriale a Roma, e di recente
ristrutturato, sembra accennare ai principi di Leonardo e preludere ai baluardi del secolo XVI.