LA PROVINCIA DI ANCONA
CITTA’ D’ARTE
ANCONA
Storia e cultura
La città di Ancona sorge nella costa dell'Adriatico centrale su un promontorio formato dalle pendici settentrionali del monte Conero. Questo promontorio dà origine ad un golfo, il golfo di Ancona, nella cui parte più interna si trova il porto naturale. Colonizzata all’inizio del sec. IV a. C. dai Dori Siracusani, al tempo di Dionigiil Vecchio, ad essi è forse da attribuirsi la denominazione di Ancon (gomito, secondo la configurazione dell’insenatura portuale). Entrata nell’orbita di Roma dopo la battaglia del Sentino (295 a.C.), vi fu stabilita una coloni di veterani durante il secondo Triunvirato. Nel periodo della Repubblica assunse importanza militre, particolarmente durante le guerre illiriche, ed ebbe traffici con le città dell’Oriente, tra cui Alessandria d’Egitto. La sua importanza crebbe via via specie per merito di Traiano che durante le guerre daciche fece ampliare il porto per rendere più facili e sicure le comunicazioni con la Dalmazia. Si difese poi validamente contro i barbari, sostenendo ripetuti assedi da parte dei Goti e nel periodo bizantino fu prima tra le città della Pentopoli marittima. La storia bimillenaria della città, passata attraverso vari domini, si contraddistingue per due costanti: il legame con il mare e un particolare attaccamento alla libertà e all'indipendenza. In definitiva, Ancona fu una città che si difese spesso e con energia, non si impegnò mai in guerre di conquista, e dedicò le sue forze migliori alla navigazione e alle attività portuali. Questa unità di intenti della popolazione permise spesso di superare gli interessi di parte; perciò i conflitti sociali che in alcune epoche caratterizzarono la storia di altre città non furono mai significativi.
CATTEDRALE DI SAN CIRIACO
La cattedrale di San Ciriaco è il monumento più importante di Ancona, collocato sulla sommità del colle Guasco, in una straordinaria posizione panoramica, con il portale che abbraccia, idealmente, la città sottostante e il suo mare. È in stile romanico con influssi bizantini e gotici, riflesso del lungo periodo di costruzione dal 1000 al 1200. Sorge sull’antico tempio dedicato a Venere Euplea, protettrice della navigazione, di cui restano parte delle fondamenta. Su di esso, nel VI secolo d.C., venne costruita la basilica paleocristiana dedicata a San Lorenzo, che divenne Cattedrale nel 1000 quando vi furono traslati i corpi di San Ciriaco e di San Marcellino. In quest’epoca l’edificio fu ampliato: fu costruito il braccio longitudinale che trasformò la pianta basilicale in croce greca, si alzò la cupola e sul nuovo braccio venne aperto l’accesso alla chiesa. La facciata è a cuspide, tripartita, preceduta da un’ampia scalinata, alla cui sommità si innalza il protiro romanico-gotico, sorretto da colonne, due delle quali poggiano su leoni adagiati. Gli archi della strombatura hanno le fronti scolpite con motivi vegetali e figure umane che alludono al regno di Cristo nelle sue manifestazioni terrene e celesti. La torre campanaria è isolata e doveva appartenere al sistema difensivo che coronava la sommità del colle. All’interno il transetto sinistro ospita la Cappella della Madonna, con sfarzosa edicola marmorea del 1739, opera di Luigi Vantinelli e ospitante la venerata immagine seicentesca della "Madonna". Questa miracolosa immagine venne donata da un mercante veneziano alla città come ex-voto da uno scampato naufragio al largo del mar Adriatico, al tempo della breve Repubblica Marinara di Ancona. Scendendo nella cripta, dove si trova il corpo del santo, si possono vedere i resti dell’antica basilica di san Lorenzo (VI sec.), con pavimentazione a mosaico.
ARCO DI TRAIANO
Info
L’arco di Traiano, monumento simbolo della città di Ancona, fu innalzato nel 115 d.C. dal Senato romano in onore dell’imperatore Traiano che aveva ampliato e reso più sicuro il porto con una serie di opere, fra cui il nuovo molo. Tradizionalmente attribuito ad Apollodoro di Damasco, architetto ed ingegnere militare di fiducia dell’imperatore, il monumento, meravigliosamente slanciato, è alto circa 14 metri ed è fiancheggiato da due alte semicolonne scanalate con capitelli corinzi. La chiave di volta presenta, sia verso mare che verso terra, tracce di busti difficilmente identificabili. Oggi il monumento è privo di decorazioni, ma in origine era ornato probabilmente da rostri di nave in bronzo, come attestano i grossi fori sulle due fronti e sui lati, mentre sull’attico era collocato un gruppo bronzeo raffigurante l’imperatore Traiano, la moglie Plotina e la sorella Marciana. Sempre sull’attico (nel lato rivolto verso la città) è ancora leggibile l’iscrizione dedicatoria realizzata anch’essa con lettere in bronzo. Tutti gli elementi in metallo furono depredati nel corso delle incursioni saracene del IX secolo d.C. Per molti secoli l’arco ha costituito il punto terminale della città verso il mare, sicuro riferimento per i naviganti. Anche in passato lo splendore del monumento fu apprezzato e nel '700 ogni capitano di bastimento che approdava ad Ancona doveva versare 60 baiocchi per la sua conservazione. Più avanti, dove termina la cinta muraria medievale, sorge l'Arco Clementino, di pietra d'Istria, innalzato in onore di Clemente XII da Luigi Vanvitelli (1738), che si ispirò all'arco romano; interessante è la fronte verso il mare, di effetto luminoso e lieve. Più lontano sorge l'edificio del Lazzaretto di Sanità Marittima.
MOLE VANVITELLIANA
L'edificio sorge su di un'isola artificiale pentagonale situata all'interno del porto; è collegato alla terraferma da tre ponti, ed occupa una superficie di 20.000 m²; il canale che lo divide dalla terraferma è detto "Mandracchio". Originariamente si raggiungeva solamente attraverso imbarcazioni; il rifornimento idrico era assicurato da una rete sotterranea di cisterne. L'acqua si attingeva attraverso tre pozzi, situati nel piccolo tempio neoclassico dedicato a San Rocco, presente al centro del cortile interno. Il luogo poteva ospitare fino a 2.000 persone, oltre ad una grande quantità di merci. Nella parte interna dell'edificio si trovano i locali del Lazzaretto vero e proprio, che erano destinati alla quarantena, mentre le stanze nella parte esterna erano usate come deposito della merce. L’opera su progetto dell’architetto Luigi Vanvitelli fu commissionata da papa Clemente XII a partire dal 1733. Originariamente il Lazzaretto era una costruzione polifunzionale: lazzaretto di sanità pubblica, fortificazione a difesa del porto, deposito per le merci, protezione del porto dall'azione delle onde. Salvaguardava la salute pubblica ospitando depositi ed alloggi per merci e persone in quarantena, che arrivavano al porto da zone ritenute non sicure: per questo fu costruito su un'isola artificiale fuori dal territorio cittadino. Il suo fascino è dovuto anche alla sua forma geometrica, ricca di valori simbolici: il numero cinque può indicare il potere dell'uomo di modificare la realtà circostante. Inoltre, il Lazzaretto si pone in relazione con la sovrastante Cittadella, con pianta stellare a cinque punte, e dunque anch'essa avente una forma basata sul numero cinque. Il luogo ha giocato un ruolo importante durante l'assedio degli austriaci alla città occupata dai francesi nel 1799 e nel corso della Prima guerra mindiale. Nel corso del tempo è stato usato anche come ospedale militare; nel 1884 cambia destinazione d'uso e diventa raffineria di zucchero. Durante le due guerre mondiali ritorna ad essere una cittadella militare; successivamente, nel 1947, diventa deposito di tabacchi. Nel 1997 il comune di Ancona ne acquisisce la proprietà ed inizia un restauro che sta ridonando al Lazzaretto il suo armonico aspetto originario, senza però cancellare completamente le modifiche più significative subite nel corso dei secoli. Ora il monumento viene usato per ospitare mostre temporanee ed altri eventi culturali; una parte di esso è destinata ad accogliere il Museo Tattile Omero. Da quando ne ha acquisito la proprietà, il Comune ha cominciato ad indicare il monumento con l'espressione mole vanvitelliana, quasi vergognandosi del nome Lazzaretto, da sempre usato, sia in ambito colto (dallo stesso Vanvitelli), sia a livello popolare.
IL MUSEO TATTILE STATALE OMERO
Istituito nel 1993 dal Comune di Ancona con il contributo della Regione Marche, su ispirazione dell'Unione Italiana Ciechi, il Museo Omero è stato riconosciuto dal Parlamento, nel 1999, Museo Statale, confermandogli una valenza unica a livello nazionale. La finalità del Museo è quella di "promuovere la crescita e l'integrazione culturale dei minorati della vista e di diffondere tra essi la conoscenza della realtà". Nell'estate del 2012 il Museo ha iniziato il trasferimento nei nuovi spazi della Mole Vanvitelliana di Ancona, rendendo fruibile parte della collezione permanente nell’ambito della mostra “In_Limine. Sulla soglia del nuovo Museo Omero" e attivando il Centro di documentazione e ricerca, i laboratori didattici, gli uffici. L'allestimento attuale propone circa 150 opere della collezione permanente organizzate secondo un ordine cronologico. Il percorso include copie al vero, in gesso e resina, di famose sculture dalla classicità greca al primo Novecento passando per l'arte etrusca, romana, romanica e gotica, per il Rinascimento di Michelangelo, il Barocco di Bernini, il Neoclassicismo di Canova. Una sala è dedicata alla mostra "Il Movimento scolpito" proveniente dal Louvre, volta a celebrare il corpo in movimento attraverso cinque azioni: lo sforzo, la danza, la corsa, il volo, la caduta. Il percorso espositivo si chiude con le opere originali della ricca sezione di arte contemporanea che annovera artisti italiani e internazionali dell’area figurativa e informale: Valeriano Trubbiani, Girolamo Ciulla, Edgardo Mannucci, Umberto Mastroianni, André Barelier, Sergio Zanni, Pierre Carron, Pietro Annigoni, Aron Demetz, Francesco Messina, Loreno Sguanci, Vittorio Morelli, Sanzio Blasi, Roberto Papini, Floriano Bodini, Rosario Ruggiero, Felice Tagliaferri. Sezione ultimamente accresciuta di prestigio grazie alle recenti acquisizioni di celebri scultori come Consagra, Martini, Marini, De Chirico, Pomodoro. La collezione accessibile e fruibile tattilmente offre un excursus sull'arte plastica e scultorea di tutti i tempi. A supporto dei disabili visivi descrizioni in Braille, in nero a caratteri grandi e scale mobili per l’esplorazione. Il resto della collezione, inclusi modelli architettonici e reperti archeologici, sono in magazzino o in fase di restauro. Il Centro di documentazione e ricerca è posto a piano terra, con ingresso indipendente dalla corte interna della Mole Vanvitelliana. Il centro, specializzato nei settori relativi alla pedagogia e didattica delle arti e dell'archeologia, all'estetica e all'accessibilità ai beni museali per le persone con minorazione visiva e, più in generale, per le persone diversamente abili, offre consultazioni di testi in nero e in Braille, video, DVD, audiocassette, ausili tiflodidattici. Due sono gli ambienti destinati ai laboratori didattici e sono collocati al secondo piano del Museo, accessibili grazie alla presenza dell'ascensore. Sono arredati con forniture funzionali per ogni tipo di attività educativa dalla manipolazione dell'argilla alla creazione di libri tattili: tavoli, sedie, forno per la cottura della ceramica, lavandini, armadi con in esposizione i materiali utili alle attività suddivisi per tipologia, ausili tiflodidattici, archivio prototipi dei lavori. Ciascun laboratorio può accogliere circa 25 studenti, i due ambienti sono divisi dallo spazio dedicato alla segreteria dei servizi educativi.
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELLE MARCHE
Il museo Archeologico Nazionale delle Marche, ospitato nel Palazzo Ferretti edificato fra il 1540 e il 1543 su incarico del conte Angelo di Girolamo Ferretti, espressione del prestigio sociale, politico ed economico raggiunto dalla nobile famiglia Ferretti nel 1500. Il museo espone una ricca raccolta di reperti archeologici provenienti dagli scavi effettuati da oltre un secolo nel territorio regionale. Il percorso espositivo narra la storia delle diverse civiltà che si sono succedute nelle Marche dal Paleolitico all’età romana. Il percorso attraversa la sezione preistorica, la sezione protostorica, dedicata alla Civiltà Picena (X-III secolo a.C.) e a quella dei Galli Senoni (IV-II secolo a.C.), considerata da sempre la maggiore attrattiva del museo, e infine la sezione romana, cui appartiene il celebre gruppo dei Bronzi dorati rinvenuti a Cartoceto di Pergola, riproposto in copia anche all’aperto, sul terrazzo più alto del palazzo. Di queste due antiche civiltà è esposta una scelta dei più significativi corredi funerari, importanti poiché ne spiegano il carattere guerriero, l’organizzazione sociale ed economica di tipo preurbano, l’apertura agli scambi e alle influenze culturali, testimoniata dalla presenza di oggetti d’importazione (vasi, scudi e argenti provenienti dall’Etruria, monili d’oro di arte celtica, suppellettili provenienti da Atene).
TEATRO DELLE MUSE
Costruito nel 1827 su progetto di Pietro Ghinelli in stile neoclassico con una sala tipica a ferro di cavallo e 4 ordini di palchi, il Teatro delle Muse di Ancona è stato riaperto il 13 ottobre 2002 come un nuovo oggetto architettonico ricco di una vita propria fatta di evocative giustapposizioni. Terzo teatro in ordine di tempo costruito nel capoluogo marchigiano dopo quelli dell’Arsenale e la Fenice, il Teatro delle Muse fu progettato dall’architetto Pietro Ghinelli di Senigallia, già autore del teatro di Pesaro. Costruito nel corso di 5 anni, con un costo di circa 77.000 scudi, il grande edificio, che comprendeva oltre al corpo principale una serie di strutture accessorie, occupò un’area di oltre 3000 mq, per disporre della quale si rese necessaria la riorganizzazione dell’intero assetto urbanistico della zona. Progettato e decorato in stile neoclassico, il teatro aveva un sala dalla tipica forma a ferro di cavallo e contava 4 ordini di palchi (99, poi ridotti a 74) più un loggione, che si affacciavano su una platea di ca 250 mq, mentre il palcoscenico misurava ca 23 x 17 mt. La resa acustica della sala delle Muse venne considerata fra le migliori. Il teatro fu inaugurato il 28 aprile 1827 con due opere di Rossini. Il teatro rimase in attività per 116 anni (fino al 26 maggio 1943). Il 1º novembre 1943 un bombardamento dell'aviazione inglese danneggiò la copertura dell'edificio, che dovette interrompere così la sua attività. Il restauro iniziò solo nei primi anni sessanta; suscitò molte critiche la decisione di demolire e ricostruire la sala interna con strutture moderne lasciando intatti solo lo scalone d'onore, le facciate esterne e il salone delle feste. Anche a causa di queste polemiche, oltre che per problemi sorti con la società dei palchettisti, il progetto venne accantonato.Le sale del Casino Dorico, non toccate dalla guerra, vennero decorate in stile moderno dall'arch. Leonello Cipolloni e al loro interno continuarono a svolgersi feste e incontri culturali. Successivamente venne elaborato il progetto che portò al teatro attuale e che prevedeva il restauro di ciò che rimaneva del teatro ottocentesco oltre alla realizzazione di una sala moderna concepita come una grande piazza. Venne realizzato anche un sipario tagliafuoco su disegno di Valeriano Trubbiani, ispirato al precedente sipario ottocentesco che raffigura con ironia il trionfo di Traiano, con un gigantesco sole raggiato che simboleggia la ritrovata vitalità del Teatro. Il teatro venne finalmente riaperto al pubblico il 13 ottobre 2002, dopo 59 anni. L'evento tanto atteso da tutta la cittadinanza fu sentito dai cittadini come uno storico segno di rinascita culturale e di riscatto. Il concerto inaugurale fu diretto dal maestro Riccardo Muti. Durante il concerto inaugurale il maestro Riccardo Muti si complimentò con la città per la tenacia con la quale perseguì l'obiettivo di riaprire il proprio massimo teatro; non risparmiò però critiche al progetto realizzato, per il fatto che aveva portato all'installazione di costose ringhiere che impedivano una buona visibilità a numerosi spettatori. Le ringhiere furono successivamente modificate.
ANFITEATRO ROMANO
L'anfiteatro romano di Ancona, situato tra i colli Guasco e Cappuccini a circa 50 metri sul livello del mare, costituisce, unitamente all'arco di Traiano, l'opera architettonica di epoca romana più importante della città. Si suppone che la sua costruzione sia iniziata durante il periodo di Ottaviano Augusto verso la fine del I secolo a.C.; modificata poi durante il periodo di Traiano (I secolo d.C.). Di pianta ellittica, con gli assi che misurano 97 x 74 metri, poteva contenere circa 8000 spettatori. Nell’arena, che misura 52 x 35 metri, si svolgevano gli spettacoli, mentre nella cavea, di cui restano alcuni corridoi laterali e le gradinate, sedevano gli spettatori protetti da un podio. Nei pressi della porta Pompae, all’esterno, vi sono i resti di un edificio termale e un tratto di strada urbana di età ellenistica (del III e II secolo a.C.). Forse la sua parte più interna, a conci quadrati, apparteneva ad un teatro del periodo greco. La cavea, con le sue 20 gradinate disposte su 3 ordini, poggiava in parte sulla roccia marnosa tagliata per accogliere la struttura, e in parte su volte cementizie costruite in elevato. La sua trasformazione più radicale, stando agli indizi architettonici, appartiene appunto all'epoca di Traiano o dei Flavi. L’anfiteatro ebbe lunga vita: il suo abbandono infatti risale al VI secolo d.C. In epoca medievale l’area venne utilizzata per nuove costruzioni e la città perse la memoria della sua esistenza fino al 1810. Nel 1930 iniziarono gli scavi grazie all'intervento della Soprintendenza, a cui si aggiunsero finanziamenti ministeriali appositamente erogati dopo il sisma del 1972. Gli scavi, condotti con regolarità a partire dal 1975, hanno reso ben visibili un tratto delle mura perimetrali esterne e i due ingressi opposti, ubicati fuori asse per adeguarsi alla morfologia del terreno: la porta Pompae, l’ingresso principale, in blocchi di arenaria, mattoni e conci di opera reticolata e la porta Libitinensis, destinata allo sgombero dei feriti e dei morti. In tempi recenti è diventato un luogo di incontro dove ascoltare poesie e lirica.
PINACOTECA CIVICA E GALLERIA D’ARTE MODERNA
Ospitata dal 1973 all'interno di Palazzo Bosdari, raccoglie dipinti di straordinario valore per la comprensione della pittura nelle Marche dal XIV al XIX secolo. La Pinacoteca è intitolata al pittore anconetano Francesco Podesti (1800-1895), che ne promosse l'istituzione fra il 1880 e il 1888 donando numerose sue opere, principalmente cartoni e bozzetti. Ad esse si aggiunsero opere provenienti da chiese, fondi comunali, depositi e doni di privati. All'interno sono custodite importanti tele dell'anconetano Francesco Podesti, di Carlo da Camerino, Arcangelo di Cola e Andrea Lilli, oltre a varie preziose opere di provenienza veneta, territorio a cui Ancona era strettamente legata da costanti rapporti commerciali. Di rilievo notevole "La Madonna con Bambino" del Crivelli, "La Sacra Conversazione" di Lorenzo Lotto, "L'Immacolata Concezione" e "Santa Palazia" del Guercino, la Pala Gozzi di Tiziano Vecellio raffigurante "L'Apparizione della Vergine". Le opere del ‘900 sono conservate nella Galleria d’Arte Moderna il cui nucleo fondamentale è costituito dalle acquisizioni del Premio Marche, una manifestazione artistica svoltasi per molti anni ad Ancona a partire dal 1957. Da annoverare le opere di Arnaldo Pomodoro, Aligi Sassu, De Carolis, piero Dorazio, Bartolini, Bucci, Cagli, Campigli, Cassinari, Cucchi, Levi, Trubbiani e altri importanti artisti contemporanei.
PIAZZA DEL PLEBISCITO
Nel ‘300 l'area era esterna al tracciato delle mura urbiche; successivamente, con la costruzione del Palazzo del Governo (in corrispondenza di via Pizzecolli), venne sistemata con lavori che si protrassero per tutto il 1400. La piazza è sempre stato il centro politico-amministrativo e commerciale della città, luogo deputato alla vita cittadina, dove il popolo si raccoglieva nei momenti più significativi. Inizialmente denominata piazza Nuova, cambiò il toponimo in piazza Grande per le sue dimensioni. Infine, nel 1860, fu intitolata a celebrazione del Plebiscito di annessione delle Marche al Regno d’Italia. Ma dal 1739, quando vi fu collocata la statua di papa Clemente XII, benefattore della città per la concessione del porto franco, la piazza è nota agli anconitani come piazza del Papa. La sua singolare forma allungata e il suo andamento ascendente, così come le quinte dei palazzi nobiliari che vi si affacciano e l’alto fondale della chiesa di San Domenico, costruita sul luogo dell’omonima chiesa del XIII secolo, all’interno della quale si trovano due importanti capolavori: la Crocifissione di Tiziano (1588) e una Annunciazione del Guercino (1656), la rendono unica e particolarmente scenografica. Al centro, vi è la circolare Fontana di Pio VII, realizzata nel 1817 dall’architetto Pietro Zara, così come la sistemazione del terrazzamento retrostante, da cui si accede ai locali dell’antico Ospedale di San Tommaso di Canterbury, oggi sede del Museo della Città. Più in basso all’angolo della piazza, sorge il Palazzo del Governo, già esistente nella seconda metà del Trecento e poi ampliato nel secolo successivo su disegno di Francesco di Giorgio Martini. Accanto si erge la torre civica della fine del XVI secolo.
IL PORTO
È proprio dal porto che ha avuto inizio la storia di Ancona, la sua posizione da protagonista negli scambi tra oriente ed occidente le ha fatto guadagnare l'appellativo di Porta d'Oriente. Ritrovamenti dell'epoca micenaica testimoniano che già nel XIII secolo a. C. esistevano scambi commerciali con la Grecia. I Piceni, successivamente, estesero i traffici alla costa istriana e a quella dalmata. Infine i Dori, provenienti dai loro iniziali insediamenti a Siracusa, si stabilirono nel porto e nel territorio e, senza entrare in conflitto con la popolazione locale, fondarono la città e le diedero il nome di Ankòn che, in greco, significa gomito e che fa riferimento alla morfologia del promontorio che protegge il golfo di Ancona. Il golfo venne attrezzato con i primi moli e, successivamente, i romani completarono il lavoro dei predecessori greci. L'imperatore Traiano, nel II secolo d.C., fece eseguire importanti opere marittime e scelse lo scalo anconetano come luogo di partenza per le guerre contro i Daci. In onore dell'imperatore Traiano, il Senato anconetano fece erigere il monumentale arco trionfale di cui ancora oggi si possono vedere le splendide vestigia. Nel IX secolo i Saraceni assediarono ripetutamente la città che venne quasi totalmente distrutta, assieme al suo porto. Fortunatamente venne risparmiato l'arco di Traiano. Gli Anconetani, a quel punto, prima di ricostruire la città, fortificarono il porto munendolo di una cinta muraria di difesa. Alte torri quadrate, alla base delle quali vi erano delle portelle di accesso, proteggevano il porto. La città per chi vi arrivava dal mare, appariva affascinante, con ventiquattro torri che si innalzavano su mura che emergevano dal mare come una diga a difesa da ogni pericolo. Fra il XIII e XIV secolo, Ancona raggiunse il suo massimo splendore e divenne uno dei porti più importanti dell'Adriatico, secondo solo a Venezia che riuscì ad imporle di rinunciare a proclamare la propria indipendenza e ad accettare di sottomettersi allo Stato Pontificio. In questo periodo e fino al XVIII secolo, gradualmente, Ancona ed il suo porto iniziarono a declinare per importanza dei traffici e per valenza dell'intera città. Fu Papa Clemente XII che, con la concessione della franchigia doganale, la ricostruzione dei moli andati in degrado e la costruzione del lazzaretto, affidata all'Architetto Luigi Vanvitelli, diede nuovo impulso al porto e alla città. Quel periodo di ritrovato splendore, però, duro ben poco, poiché Ancona, così come altre città italiane, divenne teatro delle vicende belliche legate alle guerre di indipendenza, fu oggetto di occupazioni straniere e, infine, dei bombardamenti aerei dell'ultima Guerra Mondiale che ne rasero al suolo interi quartieri e danneggiarono pesantemente anche le strutture portuali. Anche in questo caso, si salvarono dalla distruzione degli incomparabili gioielli architettonici come l'Arco di Traiano, il Lazzaretto del Vanvitelli ed una porzione delle antiche mura di protezione. Finita la guerra, con notevoli sforzi iniziarono i lavori di recupero dei moli e delle banchine. I cantieri navali vennero ricostruiti, i traffici marittimi - vista la posizione centrale in Adriatico del porto di Ancona - ebbero una graduale ripresa. Oggi lo scalo è uno dei più vitali e attivi del mediterraneo e svolge un ruolo primario nell'interscambio commerciale. Dispone di 25 moli, 4 chilometri di banchine, 12 di binari, fondali profondi fino a 15 metri, aree di stoccaggio e deposito merci, torri silarie, 16 cantieri e 2 bacini di carenaggio. E' classificato come scalo di rilievo internazionale dall'Unione Europea e dal porto di Ancona transitano più di un milione e mezzo di passeggeri su rotte di collegamento con la Croazia, l'Albania, il Montenegro, la Grecia e la Turchia. In questo specifico settore, quello dei traghetti, detiene il record tra i porti italiani per numero di transiti internazionali.