LA PROVINCIA DI ANCONA

CITTA’ D’ARTE
LORETO

Storia e cultura
Loreto (“Lauretum”), sorge su un antico splendido colle, a 127 metri di altezza, fitto di lauri, pianta cara agli dei e alla gloria degli uomini e conta circa 12.000 abitanti. Meta privilegiata nei secoli, rappresenta un contesto storico-architettonico ed umano unico al mondo per la ricchezza del patrimonio artistico, religioso e culturale custodito tra le sue mura. A chi passa lungo l’autostrada, che collega Bologna al sud d’Italia, Loreto, con il profilo inconfondibile del suo Santuario e la maestosità del Palazzo Apostolico, si impone subito col fascino delle cose belle, che suscitano curiosità e voglia di saperne di piu’ su questa cittadina. Non sono remote le origini di questa città. In un elenco di chiese soggette al vescovo di Recanati, redatto nel 1249, di Loreto non si fa memoria, perchè, - e qualcuno dice che è un unicum, - stiamo parlando di un centro abitato generato dalla presenza di un santuario. Per questa ragione, la storia di Loreto si intreccia lungo i secoli con le vicende del suo santuario. Siamo quindi in grado di fissare una data precisa: 1294 e, se si vuol seguire la tradizione, possiamo anche stabilirne il giorno: la notte tra il 9 e il 10 dicembre, quando su quel colle, dove non esisteva abitazione alcuna e solo vi passava una strada che collegava Recanati al suo porto, successe qualcosa che è diventato leggenda. Una tradizione dice, appunto, che nel 1291, con l’invasione della Palestina da parte dei maomettiani, la casa di Maria fu trasportata dagli Angeli nell’antica Illiria, a Tersatto nei pressi di Fiume (ora Rijeka) e poi riapparve il 10 dicembre 1294 a Loreto, prima nella piana tra il colle e il mare, nella località detta Banderuola, e poi dove si trova tuttora.

SANTUARIO DELLA SANTA CASA
La Basilica, insigne complesso architettonico del Rinascimento, fu costruita a partire dal 1468 con l’apporto dei più famosi architetti dell’epoca: Giovanni Alberti, Marino di Marco Cedrino, Giuliano da Maiano, Baccio Pontelli, Giuliano da Sangallo, Francesco di Giorgio Martini, Bramante, Andrea Sansovino e Antonio da Sangallo il Giovane. All’interno, sotto la cupola di Giuliano da Sangallo (1500) si trova la Santa Casa, una piccola costruzione in mattoni di 9,50 x 4 metri con un rivestimento in marmo, eseguito su disegno di Bramante con bassorilievi che narrano le Glorie della vita terrena della Madonna. Nel suo nucleo originario, è costituita solo da tre muri, perchè la parete orientale, ove sorge l’altare, a Nazaret non esisteva. I tre muri originari - senza fondamenta proprie e poggianti su un’antica via - si innalzano da terra per tre metri appena. Il materiale sovrastante, costituito di mattoni locali, è stato aggiunto in seguito, compresa la volta (1536), per rendere l’ambiente più adatto per il culto. All’interno della Santa Casa troviamo la statua della Madonna ricoperta dalla caratteristica "dalmatica"; resti di affreschi di scuola riminese e umbra del secolo XVI e un crocifisso ligneo del sec. XIII. La facciata del santuario fu iniziata nel 1571 da Francesco Boccalini e terminata nel 1587 da Lattanzio Ventura. La cupola, dal diametro di 22 metri, la terza in Italia dopo quella di San Pietro a Roma e di Santa Maria del Fiore a Firenze, fu portata a compimento da Giuliano di Sangallo in soli nove mesi, dal settembre 1499. Il campanile, alto m.75,60, è opera di Luigi Vanvitelli, innalzato tra il 1750 e il 1755. La statua di Sisto V, sul sagrato della basilica, è opera di Antonio Calcagni. Le porte di bronzo furono progettate per il Giubileo del 1600. Rappresentano scene del Vecchio Testamento e sono opera: - la porta centrale di Antonio di Girolamo Lombardo; - la porta destra di Antonio Calcagni; - la porta sinistra di Tiburzio Vergelli. Il rivestimento marmoreo della Santa Casa costituisce senza dubbio l’elemento più spettacolare del santuario. Il Bramante aveva concepito questo rivestimento come un baldacchino, sorretto da colonne e arricchito di molti ornamenti; questo progetto iniziale fu rivisto da Antonio Pellegrini e, nel 1513, affidato da Leone X ad Andrea Sansovino fino alla morte di costui (1526). In seguito fu inviato come sovrintendente Antonio Sangallo, mentre Raniero Nerucci ingaggiava una trentina di artisti, tra i quali Raffaello di Montelupo, Nicolò Tribolo e Francesco di Sangallo. Ma per completare l’opera ci vollero settant’anni ed altri nomi di artisti si aggiunsero. Si tratta di 610 metri quadrati di sculture che qualcuno ha giudicato "l’espressione più complessa della scultura cinquecentesca" e " uno straordinario esempio di lavoro di gruppo". Gli affreschi che arricchiscono il santuario sono opera di molti artisti tra i quali: nel transetto destro, nella sacrestia di San Giovanni, gli affreschi di Luca Signorelli;  nella sacrestia di San Marco, sulla destra prima della Santa Casa, le magie prospettiche e cromatiche di Melozzo da Forlì coi suoi angeli; nella Cappella dei Duchi di Urbino, in fondo alla navata destra, gli affreschi di Federico Zuccari. Il ciclo pittorico della cupola, eseguito tra il 1890 e il 1907, in sostituzione degli affreschi del Pomarancio gravemente deteriorati, è di Cesare Maccari. Si tratta di un’opera per la quale si sono spese parole come "monumentalità - suprema maestria - rara sicurezza di disegno - concezione dantesca - forse l’opera d’arte sacra più grandiosa impegnativa di tutta Europa fra Otto e Novecento". Ci sono poi pitture e mosaici delle tante cappelle, in particolare quelle delle nazioni, tutte splendide, e passate poi nella Sala del Tesoro, presso la sacrestia, che narrano la Vita della Madonna, dei Profeti e delle Sibille, che costituiscono il capolavoro del Pomarancio.

IL PALAZZO APOSTOLICO
Fa da deliziosa cornice alla piazza, con la sua doppia serie di logge che lo fiancheggia su due lati. Si tratta di un pregevole esempio del Rinascimento di primo Cinquecento su progetto bramantesco, con interventi di Giuliano da Sangallo il Giovane ed altri artisti contemporanei; ma la serena purezza delle monumentali forme, sia nel portico a piano terra che nel loggiato superiore, indicano in particolare l’impronta prepotente del genio di Bramante. Nel XVIII secolo Luigi Vanvitelli aggiunse il braccio che guarda la facciata della Basilica. Il palazzo doveva svilupparsi ancora con un altro braccio, a chiudere la piazza come une grande corte; ma quando si arrivò a quel punto, ormai era tardi. Invano Urbano VIII nel 1643 tentò di far espropriare le case site sull’area da occupare. E non se ne fece più niente. Dal 1936 tutto il pianterreno ed i seminterrati sono per il servizio dei "treni bianchi" per la sosta e la refezione dei pellegrini infermi. Nei locali più prossimi alla basilica c’è la sede della Congregazione della Santa Casa, benemerita istituzione che da oltre cento anni si prodiga per diffondere e ravvivare la devozione alla Madonna di Loreto.

MUSEO PINACOTECA
Il Museo Pinacoteca (28 sale, 2000mq) è ospitato nel braccio occidentale del Palazzo Apostolico. Conserva dipinti, sculture, arazzi, maioliche, oggetti d’oreficeria e mobili provenienti dal santuario o donati alla Santa Casa nel corso dei secoli, che costituiscono un vasto ed eterogeneo patrimonio di arte e di fede, a testimonianza del prestigio raggiunto dalla Basilica Lauretana in tutto il mondo cristiano. Nalla raccolta di quadri è di fondamentale importanza il corpus dei dipinti che Lorenzo Lotto (1480c.-1556) eseguì negli ultimi anni della sua vita conclusasi nel Santuario Mariano, dove egli viveva come oblato. La raccolta di maioliche del Ducato di Urbino è particolarmente preziosa. E’ costituita da un primo nucleo proveniente dalla bottega di Orazio Fontana che venne donato alla basilica dal cardinale Giulio Feltrio Della Rovere a cui si è aggiunta, nel 1631, une collezione di vasi acquistati presso la bottega dei Patanazzi. Comprende inoltre vasi da farmacia realizzati da Francesco Antonio Grue (1686-1746), ed una raccolta di statuine presepistiche risalenti tra XVIII e XIX secolo.

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