PROVINCIA DI MACERATA
SAN SEVERINO MARCHE
Storia e cultura
La città di San Severino Marche trae le sue origini dall’antica Septempeda: colonia e municipio romano, importante per la posizione sulla via che collegava l’Adriatico alla Flaminia. Sede vescovile, ebbe come pastore Severino, morto poco prima che la città venisse saccheggiata dai Goti di Totila (545). Di fronte all’invasione, gli abitanti cercarono rifugio sul vicino monte Nero, dove portarono le spoglie del loro santo Vescovo, dando vita a un nuovo centro abitato che da lui prese il nome. Dopo la dominazione longobarda passò alla Chiesa e, quindi, fu libero Comune ghibellino, in lotta con i vicini Comuni guelfi. Dalla seconda metà del ‘300 ai primi decenni del ‘400 fu sottoposta alla Signoria degli Smeducci, cui seguì quella degli Sforza, per ritornare nel 1445 alla Chiesa. Nel 1586 fu elevata a sede vescovile ed ebbe il titolo di città, seguendo poi le vicende del resto della regione sotto il diretto controllo dello Stato pontificio fino all’unità d’Italia. Il patrimonio artistico di San Severino è fortemente legato al periodo di massima autonomia del Comune e ai primi decenni del governo ecclesiastico: a quest’epoca risalgono sia le numerose chiese gotiche visibili in città e nel territorio, sia le opere lasciate dalla locale scuola pittorica che ebbe i suoi massimi esponenti nei fratelli Salimbeni e in Lorenzo d’Alessandro, rispettivamente all’inizio e alla fine del XV secolo. Il luogo detto Castello, sede della città medievale sulla cima del monte Nero, conserva ampi tratti di mura, due porte e, sulla sommità, le “due torri” simbolo del paese: quella del Comune (che presenta ancora uno stemma con il leone passante ghibellino) e, di fronte, il campanile del Duomo Vecchio. Quest’ultimo, costruito nel X secolo e rimaneggiato più volte, custodisce all’interno i resti del santo patrono. Nella zona archeologica in località Pieve, invece, sono stati riportati alla luce i resti di mura dell’antica Septempeda (II secolo a. C.) e parti di un impianto termale con piscina, caldarium e frigidarium. A circa 10 chilometri dalla città, in direzione nord-est, sopra un colle, si trovano infine i resti del duecentesco castello di Pitino, uno dei più importanti castelli medievali della zona che, già appartenuto agli Smeducci, conserva oggi un’imponente torre quadrata. Nei pressi è stata rinvenuta anche una necropoli picena, i cui reperti sono ora custoditi al Museo archeologico Giuseppe Moretti.
PIAZZA DEL POPOLO
Il monumento più vistoso della città è la grande piazza porticata, dall’insolita forma a fuso, lunga 224 metri e larga 55. L´impianto planimetrico e le sue dimensioni rimandano all´antica funzione di luogo di mercato, ma la sua attuale configurazione è il risultato di interventi architettonici che vanno dagli inizi del ´400 alla fine dell´800. Si affacciano sulla piazza, fra gli altri edifici, il palazzo comunale, eretto nel 1764 su disegno di Clemente Orlandi, dalla facciata interamente in laterizio, il teatro Feronia e la Torre dell’Orologio, eretta su disegno di Ireneo Aleandri nel sec. XIX, che si impone come scenografico elemento architettonico a capo della Piazza, sottolineandone l'andamento fusiforme.
TEATRO FERONIA
Il teatro progettato in diverse fasi da Ireneo Aleandri, fu commissionato intorno al 1823 dalla Deputazione delegata dalla Congregazione dei Condomini, in sostituzione della precedente struttura, in avanzato stato di degrado, concepita dall’architetto e pittore danese Domenico Bianconi nel 1740. Il nuovo edificio teatrale venne quindi ricavato nell’involucro della vecchia costruzione, riprogettandone l’interno, coperto da una volta unghiata e composto da sala a ferro di cavallo, tre ordini di diciannove palchi ognuno e loggione a galleria. Di matrice neoclassica, in linea con la formazione dell’architetto è il proscenio, caratterizzato dall’applicazione di un ordine gigante corinzio. I lavori di decorazione, opera dello scenografo Filippo Bibbiena e del pittore Fogliardi, oltre a falegnami e imbianchini, si protrassero sino al 1828, anno dell’inaugurazione del teatro.
TORRE DEGLI SMEDUCCI
Nel V e VI secolo, a causa delle invasioni barbariche, gli abitanti di San Severino si rifugiarono sulla cima del Monte Nero, oggi detto Castello. Delle costruzioni antiche restano ampi tratti di mura, due porte e, sulla sommità, le due torri simbolo della città: l’alta Torre degli Smeducci, del XIII secolo e il campanile del Duomo antico. La torre degli Smeducci, unico monumento di architettura militare rimasto intatto, serviva nel Medioevo per difesa, per prigione e, specialmente, per fare segnali, di giorno con il fumo e di notte con il fuoco, alle altre torri dei castelli sparsi nel territorio comunale e poste alla veduta l'una dell'altra. La costruzione, di forma quadrata alta circa 40 metri, risale al sec. XIII, è in pietra concia alla base e in mattoni con bugnatura in pietra nei quattro angoli fino alla sommità. Davano accesso alla torre due piccole porticine che conservano l'antica forma con il loro doppio arco a sesto acuto. Nel lato est della torre sono infisse due pietre rettangolari, nella più piccola delle quali è scolpito a bassorilievo un "leone passante", emblema dei ghibellini, partito al quale la città si è attenuta di preferenza.
PINACOTECA CIVICA - PALAZZO PIETRO TACCHI VENTURI
La Pinacoteca è ubicata nel palazzo Manuzzini edificato nel XVI secolo su una preesistente struttura in stile gotico. Costituita nel 1974 e dedicata a Padre Pietro Tacchi Venturi, noto esperto di storia delle religioni. La pinacoteca racchiude opere dei fratelli Lorenzo (le Storie di San Giovanni Evangelista e lo Sposalizio di Santa Caterina) e Jacopo Salimbeni, un prezioso polittico a fondo oro di Paolo Veneziano, un reliquario di Jacopo Cavazza, la Madonna della Pace del Pinturicchio, una pregevole opera che ritrae la Madonna con il Bambino mentre benedice con a fianco due angeli, Madonna e Santi di Vittore Crivelli, quattro composizioni, molto belle, di Bernardino di Mariotto: Annunciazione, Madonna del Soccorso e due Pietà. Nel Museo sono esposte anche i tre globi prodotti da cartografi dell’Europa settentrionale nel Seicento, un coro ligneo del Cinquecento eseguito dalla bottega di Domenico Indivini.